Nord e Sud - anno XX - n. 161 - maggio 1973

Elio Manzi un congresso ed il successivo; i secondi sono riunioni pre-post-congressuali, sempre con temi specifici. Tanto le une che gli altri integrano i lavori principali del congresso con approfondimenti specialistici su alcuni argomenti antropogeografici (l'uomo e l'ambiente, tipologia agraria, geografia della popolazione, geografia applicata, dei trasporti, etc.) o con qualcuno naturalistico, metodologico-dottrinario (la geografia nell'educazione, i metodi quantitativi) e infine con altri ancora, di grande interesse (le risorse idriche, il ruolo della città nei paesi sottosviluppati, le minoranze etniche). Agli « Atti » del congresso canadese, invero cospicue sintesi della geografia mondiale, si affianca una serie di volumi offerti dalle delegazioni nazionali, che àanno un'idea complessiva delle più recenti ricerche nei vari paesi. La Francia propone una saggistica riassuntiva che è, a mio avviso, un po' troppo sbilanciata verso tematiche naturalistiche (Comité National Français de Géographie, Recherches géographiques en France-Montréal 1972, Parigi, pagg. 240). Essa testimonia, comunque, la perdurante vitalità di una delle più illustri scuole geografiche. In particolare i] Phlipponneau lamenta che la geografia francese ha trascurato le applicazioni pratiche nell'ultimo decennio; per fortuna un recente interesse verso gli studi di pianificazione territoriale - l' a,nenagement rationnel de l'espace - si nota in molti istituti geografici universitari francesi. Il Phlipponneau concorda sostanzialmente con le tesj classicheggianti di Pierre George; il dualismo tra ricerca « pura » ed 124 « applicata» è fittizio in geografia per entrambi, ma il nostro cala il problema ancor più nella realtà quotidiana: è vero che in una civiltà ove domini l'utilitarismo le discipline di immediata applicazione tendono a rimpiazzare quelle culturali e formative, però la geografia si presta benissimo alle finalizzazioni, ed i I suo metodo di ricerca è adatto ad ogni applicazione pratica di politica del territorio, se correttamente inteso e scevro da sterili formalismi e dogmatismi. L'evolversi del concetto di regione è invece esposto da E. J uillard, e qui mi è gradito rilevare come per la geografia francese perda vieppiù terreno lo schematismo dei confini fisici, cui, spesso, più non corrispondono fatti demografici o econon1ici, né paesaggi umani; anzi questi ultimi si sono sovrapposti, talora con violenza, al quadro naturale. Un cenno ora sulle tendenze della geografia umana olandese, sunteggiate ÌI\ un numero speciale del « Tij dschrift voor Economische en Sociale Geographie », pubblicato per il congresso canadese. La geografia nei Paesi Bassi - osserva il Van Der Berg - è sempre stata condizionata dalle circostanze nazionali, date le peculiarità del territorio; da quasi un cinquantennio i geografi olandesi si occupano della pianificazione di un ambiente naturale, che naturale è solo a parole, essendo in parte plasmato sin dalle origini dall'uomo. Il risultato di questa lunga attività è la nascita di una nuova scienza, la « planografia ». Essa è una teoria socio-scientifica della pianificazione territoriale, sulla cui formazione si discute ancora tra i geografi olandesi. In realtà fra geo-

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