Nord e Sud - anno XX - n. 161 - maggio 1973

Elio Manzi canadese M. E. Eliot Hurst. Due fondamentali correnti caratterizzano gli studi di geografia economica: la descrittiva, che illustra e localizza i fenomeni e la più recente tendenza interpretativa, la quale, anche grazie ai modelli matematici, interpola per il futuro le conoscenze presenti, schematizzandone le componenti. Tuttavia una rigida applicazione di ciascuna delle due metodologie non porta a risultati veramente apprezzabili; né la descrizione né la quantificazione sono utili - da sole - per una geografia economica « aperta», orientata cioè verso realistiche soluzioni dei problemi, scevra dalle pastoie dell'intolleranza dottrinale. Troppo spesso tediose descrizioni o sofisticate e capziose pos1z1oni pseudo-scientifiche allontanano il geografo ed i suoi lettori o « fruitori » della lettura sintetica del paesaggio economico, disumanizzando una visione scientifica che dev'essere soprattutto intesa a misura d'uomo. Il problema della decentralizzazione industriale, sentito ovunque, è vagliato dallo statunitense R. E. Lonsdale con sintetica efficacia. Una dislocazione su larga scala dei complessi industriali è possibile solo quando uno stato abbia soddisfatto le priorità fondamentali della produzione; d'altronde una distribuzione ottimale delle industrie - sia sotto il profilo ecologico che per ovviare alle disparità regionali -- non si può verificare spontaneamente, bensì con opportuni incentivi o forzature. È un concetto non nuovo, ma sempre attualissimo: basti pensare al nostro Mezzogiorno. Adeguate alla presente congiuntura economica internazionale sono le considerazioni del sudafricano Wil122 liams (The goldfields of South Africa: a study in the exploitation of fortuity): il prezzo dell'oro non è più remunerativo per molte miniere del Transvaal e dell'Orange e le stesse riserve accertate sono in via di esaurimento, almeno al livello attuale dei costi delle consuete tecniche di ricerca. L'italiano G. Caméri afferma che le risorse d'acqua potabile sono male ainministrate specie nei paesi sottosviluppati; uno dei più grossi problemi (peraltro di soluzione difficilissima) è quello della frammentazione dei bacini fluviali fra diversi stati, fatto che impedisce una razionale utilizzazione e favorisce di converso enormi sprechi. Le dispute sulle fonti d'approvvigionamento idrico sono aspre a livello regionale-amministrativo - si rammenti quella tra la Campania e il Molise per l'Acquedotto Campano - figurarsi tra stati i cui rapporti sono improntati ad una notevole litigiosità, come recenti e tragici fatti ci hanno mostrato. Per la prima volta nella storia dei Congressi Geografici Internazionali è presente una sezione di geografia ecologica. Essa riunisce alcuni studi di buon interesse, e, assieme alle risultanze di similari « simposi » e « commissioni », din1ostra la vitalità della geografia, pur al confronto con discipline più giovani ed in gran voga. N. Helburn e T. Tschinkel del- ' l'Università del Colorado, tracciano un drammatico quadro di una « geografia del rumore », cioè di un fenomeno d'inquinamento non meno grave di altri. Soprattutto gli americani riempiono le pagine di questa sezione, poiché assai prima degli europei hanno avvertito la nefasta azione dell'inquinamento e della de-

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