Nord e Sud - anno XX - n. 161 - maggio 1973

Vittorio Barbati Mussolini puntò decisamente ad assumere il ruolo principale e Hitler a un certo punto glielo lasciò 20 • E qui sorgono altri interrogativi, soprattutto se si considera che, nello stesso periodo l'Italia cercava di mantenersi aperte le porte dell'Inghilterra e della Francia 21 e manteneva anche buone relazioni con l'Unione Sovietica 22 • Se l'obiettivo palese di Mussolini era quello di tener lontano il comunismo dalla Spagna, conferendo così all'intervento un preciso significato ideologico, non si può escludere che il suo obiettivo reale fosse proprio quello di allontanare la Germa20 Dalla documentazione diplomatica tedesca (quella italiana del periodo in esame non è stata ancora pubblicata), pubblicata dopo ]a seconda guerra mondiale, risulta che gli ambienti della « Wilhelmstrasse » (il Ministero degli Esteri), soprattutto dopo la conclusione, il 26 novembre 1936, di un accordo segreto italo-spagnolo e di fronte alla resistenza che Franco opponeva alle richieste tedesche miranti ad ottenere il controllo delle risorse minerarie spagnole, consideravano con crescente diffidenza l'azione dell'Italia. Non sappiamo, tuttavia, se la decisione tedesca di lasciare all'Italia il ruolo principale scaturì da queste considerazioni o da un calcolo di altro genere: senza dubbio, e questo i capi germanici dovettero pure considerarlo, più l'Italia s'impegnava in Spagna e meno poteva montare la guardia al Brennero. 21 Mussolini - come fecero del resto anche Hitler e Stalin - sabotò ripetutamente le decisioni del « Comitato di non intervento», del quale l'Italia faceva parte, costituito per iniziativa del governo francese di Léon Blum. Ma si guardò sempre bene dal giungere ad un'aperta rottura, anche se la sua politica nei confronti degli anglofrancesi fu duplice: più flessibile nei confronti della Gran Bretagna e più velleitaria nei confronti della Francia. 22 Il capitolo sulle relazioni italo-sovietiche durante la guerra di Spagna è ancora tutto da scrivere. Ufficialmente le due nazioni si trovavano dalle parti opposte della barricata e non andavano certo d'accordo nel « Comitato di non intervento ». Tuttavia, esistono altri elementi che impongono di guardare la questione con occhi attenti è sotto un angolo di visuale diverso. C'è un fatto che potrebbe rovesciare molte prospettive e che è il caso di riportare. Nel 1937-38(ossia mentre era in corso il conflitto spagnolo e mentre l'Italia si accingeva, sia pure con molte esitazioni, a sottoscrivere il Patto anti-Komintern), vennero progettate (cfr. G. GIORGERINI, Le navi da battaglia della seconda guerra mondiale, E. Albertelli editore, Parma) le due navi da battaglia sovietiche della classe « Sovietskj Sojuz »: la « Sovietskj Sojuz », che fu impostata nei cantieri Ordzonikidze di Leningrado il 28 agosto 1938, e la « Sovietskaja Ukraina », che fu impostata nei cantieri Marti di Nicolaev il 17 luglio 1939, entrambe non completate a causa dei successivi eventi bellici. Il progetto di queste due unità ricalcava nelle grandi linee quello delle italiane « Vittorio Veneto» (per le unità russe era pre-• visto un dislocamento superiore, circa 57.000 t a pieno carico, ed un armamento principale, 9 pezzi da 406 mm, di calibro più elevato). Mancano molti particolari su questo progetto, però si sa che esso prevedeva lo stesso sistema di protezione subacquea delle « Vittorio Veneto», basato sui cilindri assorbitori «Pugliese», e che l'architettura generale delle unità era simile a quella delle citate corazzate italiane. Possiamo fare qualche breve osservazione, notando che, probabilmente, non si saprà mai se ciò derivava da accordi tecnici segreti, con eventuali sottofondi politici, o da conoscenze ottenute dai sovietici « per altre vie ». Però, se si considera che difficilmente allora i tecnici sovietici, anche se ben « riforniti » di informazioni dai loro servizi di spionaggio, potevano avere l'esperienza necessaria per portare avanti progetti così ambiziosi - e, del resto, fin dall'epoca zarista, la Russia era una tradizionale « cliente» dell'industria navale italiana - si è portati a dedurre che dovette esserci una certa « assistenza tecnica » italiana. È un'ipotesi che vale come tale, ma che non può essere esclusa. Con tutte le sue implicazioni anche politiche. 106

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