La politica estera dell'Italia fra le due guerre (II) proprio quell'equilibrio strategico che l'Italia - in primo luogo con la tesi della « parità navale » con la Francia - aveva sempre difeso. Per quanto riguarda il trattato austro-tedesco dell'll luglio 1936 19 , con il quale Hitler riconosceva la piena sovranità della Repubblica austriaca e si impegnava e non ingerirsi nei suoi affari interni, si sa che Mussolini, al quale il testo era stato sottoposto preventivamente, lo approvò. Ma questo non c'illumina sui motivi della sua accettazione. Fra le clausole dell'accordo ce n'era una, che certo non poteva sfuggirgli, in base alla quale, per agevolare la « pacificazione » del paese, il governo di Vienna si impegnava a consentire ai nazionalsocialisti austriaci - ossia al « cavallo di Troia » di Hitler - di partecipare alla vita politica. Con questa clausola, Hitler, dietro la facciata del riconoscimento dell'indipendenza austriaca, gettava le basi dell'« Anschluss ». E l\!Iussolini, che aveva ostacolato l'« Anschluss » con ogni mezzo, non poteva ignorarlo. In questo modo Mussolini accettò che venissero intaccati due dei più importanti capisaldi della sicurezza italiana. In compenso si lanciò nell' « impresa » spagnola. Tutto avrebbe dovuto sconsigliare questa iniziativa. L'Italia aveva bisogno di uscire dall'isolamento in cui s'era cacciata con la guerra d'Etiopia, di reinserirsi attivamente negli scambi internazionali, di avviare dei programmi, sia pure modesti, per l'ammodernamento del suo apparato militare. Il modo migliore per risolvere questi problemi non era certo quello di gettarsi in un'altra avventura bellica. Ma Mussolini scelse proprio questa via. Perché? Sotto molti profili, l'intervento in Spagna rappresentò un altro passo avanti -dopo il cauto riavvicinamento avvenuto durante la crisi etiopica - nella collaborazione fra l'Italia fascista e il Reich hitleriano. Tuttavia la diffidenza continuava a dominare le relazioni fra i due paesi. 19 Le vicende collegate a questo trattato presentano vari punti oscuri. Sembra comunque - almeno a quanto asserisce egli stesso nelle sue memorie - che Schuschnigg, il cancelliere succeduto a Dolfuss dopo l'assassinio di questi, fosse meno propenso del suo predecessore a legare l'indipendenza dell'Austria ad aiuti esterni, pur non facendosi troppe illusioni sulla buona fede di Hitler. Egli inoltre era convinto - sempre a quanto afferma nelle sue memorie - che un eventuale intervento militare italiano a protezione dell'indipendenza austriaca avrebbe potuto provocare una reazione filo-tedesca in tutta l'Austria, rivelandosi quindi, ia ultima analisi, controproducente. Considerando questo modo di pensare· del cancelliere austriaco, si può anche ritenere che egli, a differenza del suo predecessore, cercasse di attenuare l'influenza dell'Italia sulla politica austriaca. Non si sa se Mussolini approvò o subì la politica di « appeasement » di Schuschnigg verso Hitler. Comunque, la accettò. Forse perché la sua attenzione si stava volgendo altrove, o forse perché si stava profilando, pur con tutte le contraddizioni che lo avrebbero viziato negli anni successivi, l' « Asse » Roma-Berlino. 105
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