Vittorio Barbati sia divenne più accesa - ricalcava, nella sostanza, le linee di uno « scambio di note » italo-inglese del 1925 10 • Ossia di dieci anni prima. Questo fa ritenere che Mussolini contasse, oltre che su quella della Francia, sull'acquiescenza della Gran Bretagna, per « includere » l'Etiopia nella sfera degli interessi italiani. Ed anche le sue reazioni impulsive alla conoscenza di altri documenti britannici - come il rapporto di sir Eric Drummond, ambasciatore inglese a Roma, sulla situazione interna italiana 11 - si possono spiegare con la sua delusione nel vedere che non tutto andava come egli, in base ai « precedenti », aveva previsto. Del resto, le reticenze di Baldwin, in occasione della crisi Hoare, davanti al Parlamento britannico contribuiscono a provare che la politica inglese di quel periodo non fu del tutto lineare. Per quanto riguarda l'aspetto militare della questione bisogna fare un'altro discorso che riguarda sia la Francia che l'Inghilterra. La Francia stava evidentemente cercando di attrarre l'Italia nel suo sistema di alleanze. Probabilmente, anche per questo Laval aveva cercato di ritardare la ratifica del patto di mutua assistenza con l'URSS da lui stesso sottoscritto (ma preparato da Barthou). È evidente che, stando così le cose, un intervento militare francese contro l'Italia era da escludere. E quindi era da escludere che l'esercito italiano potesse essere impegnato dall'unico esercito che allora avrebbe potuto fronteggiarlo. Perciò, sulla terra, l'Inghilterra avrebbe potuto fare ben poco senza l'appoggio della Francia. In quel periodo, l'esercito britannico - basato sul volontariato e costituito da forze dislocate soprattutto nelle colonie, con funzioni più di polizia che militari - era al punto più basso della sua forza. C'era però un altro fattore i1nportante, che rovesciava completamente le prospettive. L'Inghilterra era ancora la regina dei mari. La sua flotta avrebbe potuto distruggere la flotta italiana, tagliare le linee di ri10 In base a tale « scambio di note», Londra e Roma si erano accordate sulle loro rispettive « zone di influenza economica » in Africa Orientale. L'accordo rimase sulla carta perché l'allora reggente di Etiopia, ras Tafari (più tardi imperatore col nome di Hailè Selassiè ), si appellò alla Lega delle Nazioni. È il caso di notare che nel linguaggio diplomatico lo scambio di note ha un significato diverso da quello che comunemente gli viene attribuito. Spesso uno scambio di note di identico contenuto corrisponde ad un accordo, meno impegnativo di un trattato e non soggetto a procedure di ratifica. 11 In tale rapporto, l'ambasciatore britannico affermava che la corrente di sinistra del partito fascista avversava l'impresa e non escludeva che tale opposizione potesse portare alla caduta di Mussolini. Londra replicò che nulla sarebbe stato più gradito al governo britannico. Ciò era in contrasto con le contemporanee affermazioni di Grandi, ambasciatore italiano a Londra, secondo il quale le principali personalità inglesi erano ben disposte verso Mussolini. Probabilmente in tutte e due le « versioni » c'era un fondo di verità: si può ritenere che esse riflettessero le divergenze di opinioni esistenti in seno al g::ibinetto inglese. 100
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