Girola1no Cotroneo sabilità) si sta comportando nei confronti del pensiero crociano, non intendiamo certamente dire che essa avesse l'obbligo di proclamarsi ufficialmente seguace di Croce, attendendo soltanto a ricerche riguardanti la filosofia di lui. Il nostro intendimento è invece tutt'altro: si tratterebbe a questo punto soltanto di avere il coraggio di considerare Croce un « classico » della nostra cultura, assumendo nei suoi confronti l'atteggiamento solitamente tenuto oei confronti dei « classici ». Come è noto, nell'ultima latinità, il termine « classico » venne coniato per indicare ciò che è eccellente, ciò che si distingue dal « comune »; come oggi per « classico » si intende ciò che ha trasceso l'in1mediatezza storica dell'epoca in cui si è realizzato, per assumere una validità ormai universale e perenne: il « classico » finisce così con il diventare il punto costante di riferimento con cui, in un modo o nell'altro, ogni generazione ha l'obbligo di fare i conti. L'impegno che Gra1nsci sentiva di dovere « fare i conti » con Croce, anche se per arrivare a tutt'altre conclusioni, ci sembra oggi tutt'altro che soddisfatto, come del resto avremo modo di vedere più avanti. Che Croce vada inserito fra i « classici » ci pare una cosa non revocabile in dubbio, non essendo il pensiero del filosofo napoletano di quelli che hanno esaurito la loro funzione storica, Accostarsi ad esso in tale prospettiva significa quindi togliere per prin1a cosa quel significato sclerotizzante che solitamente viene attribuito all'aggettivo « crociano », comprendendo, una volta per tutte, che con esso si vuole soltanto intendere una scelta culturale di fondo, che non deve necessariamente concretizzarsi attraverso la ripetizione, l'esegesi, le glosse al testo (cosa questa, in Italia, assai più diffusa che non negli ambienti crociani, in quelli di un certo marxismo, della fenomenologia, dell'es1stenzialismo, del neo-positivismo, ai quali però, la cultura « ufficiale » si è sempre ben guardata dall'attribuire un significato sclerotizzante e dommatico ). Una scelta culturale di fondo, si diceva: quella che la cultura italiana si è costantemente rifiutata di compiere (e non importa in quale direzione, purché non in quella di comodo come spesso ha fatto) in questi ultimi anni, e che sta alla base di tutte le « crisi », i « malumori », i « fallimenti », di cui si fa continuamente un gran parlare e della cui inutilità ci si dovrebbe ormai da un pezzo essersi resi conto (ma che continua per la vanità di coloro che pur di poter ancora parlare, di mettersi in mostra, non avendo altro da dire, parlano della crisi che stanno attraversando). Ma che· tipo di scelta culturale? Per noi la cosa è molto sen1plice: è una scelta « civile », 8
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