Tullio D'Aponte ridi1nensionamento, di cui ci è nota la portata soltanto attraverso la consapevolezza della più assoluta paralisi di ogni iniziativa prevista dal piano. Anche se poi, in quella che molti hanno detto la babele chimica, si è riusciti a rendero incomprensibile qualsiasi còsa, annullando ogni senso logico attraverso l'apparente contraddittorietà degli avvenimenti, mortificando lo stesso indagare di una Commissione parlamentare, i cui risultati, ancor prima di essere noti, sono ridotti ad un ruolo subalterno dall'intempestivo intervento di un Organo dell'Esecutivo. Poiché tutte queste cose sono intervenute in un brevissimo lasso di ten1po durante il quale, per giunta, molti altri importanti avvenimenti hanno modificato profondamente il panorama della situazione economica nazionale, ci sembra utile riprendere le fila di un discorso che già da questa Rivista iniziammo intorno alle vicende del piano chimico (Nord e Sud, n.ri 211, 212-213, 214). Luci ed ombre sulle scelte territoriali del piano. - Senza troppe preoccupazioni di sembrare eccessivamente semplicistici, si può affer1nare che le maggiori novità del piano chimico fossero contenute nella conclamata esigenza di riconvertire gli impianti per la produzione di etilene secondo standards produttivi superiori al limite delle centomila tonn. e di creare aree chimiche interconnesse attraverso una rete di etilenodotti pensata per collegar produttori ed utilizzatori in una sorta di circuito chimico integrato. Tutto il resto discende da questa scelta di fondo che, secondo l'Ufficio del Programma, rappresenta l'immagine europea dell'industria chimica moderna. Il problema dei difficili rapporti tra i tre o quattro bigs della chimica di base non sembrò particolarmente arduo: si sarebbe attuata una spartizione degli incentivi secondo un coefficiente pressappoco proporzionale alla ripartizione preesistente delle produzioni; per il resto si sarebbe provveduto attraverso gestioni consortili regolate con precisi accordi tra i compartecipi per quanto si riferisca alle modalità di vendita delle produzioni. Creata, così, l'immagine del centro petrolchimico integrato di modernissima concezione (denominato steam-cracker dal sistema termico di produzione dell'etilene) non restava che realizzarne la proiezione territoriale che, in ossequio al principio ufficiale della meridionalizzazione dello sviluppo economico nazionale, non poteva che cadere nel Mezzogiorno. Beninteso, fatta salva l'esigenza di non danneggiare nessuno degli impianti già esistenti nel Nord: sarebbe così stato opportuno ingrandire lo stabilimento di Marghera per garantire un giusto equilibrio produt62
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