Nord e Sud - anno XX - n. 160 - aprile 1973

Il voto della Francia , Francia era ormai quasi sfuggita loro dalle mani! Ed inoltre, ha osservato giustamente Arrigo Levi su « La Stampa », vi sono anche interessi precisi e magari spiccioli che dovrebbero richiamare alla mente i buoni propositi elettorali. Sono in concreto i disegni presidenziali di Giscard d'Estaing che dovrebbero spingere i repubblicani indipendenti a collegarsi sempre più ai centristi ed ai riformatori; e senza di essi oggi nulla può più l'UDR gollista. Ma se questo è stato il risultato per la maggioranza, o meglio, se questi sono stati i condizionamenti grazie ai quali la maggioranza ha ottenuto il risultato, per avere un quadro più completo della situazione francese bisogna esaminare anche il quadro dello schieramento opposto: quello delle sinistre. Se con1unisti e socialisti, come hanno affermato tutti i giornali di sinistra in Italia, hanno riportato una chiara affermazione elettoralP-. non ci sembra che abbiano parimenti conseguito un'affermazione politica; e questo per non aver saputo intelligentemente approfittare della grave crisi dello schieramento gollista. Dinanzi alla necessità di una situazione di movimento e di mutamento, la sinistra ha risposto con la più statica e la più vecchia delle formule politiche: quella del fronte popolare. Di qui le premesse di un insuccesso politico. Quanto al successo elettorale è anch'esso particolarmente discutibile, soprattutto perché nessuna legge e nessuna particolare dislocazione dei collegi elettorali fa sì che un 46 % possa leggersi 51 % . E quindi, seppure sono giuste le proteste di comunisti e socialisti per il meccanismo elettorale, è nel programma che si devono cercare le maggiori inadeguatezze e le premesse di un insuccesso prima elettorale e poi soprattutto politico. Come ha osservato Jean François Revel, autore di un libro che l'anno scorso aveva suscitato i più positivi commenti da parte dei sociali_sti italiani, il programma dei socialcomunisti era in effetti un collage: neutralismo gollista in politica estera, centralismo gollista in politica interna, nazionalizzazioni di tipo sovietico nelle industrie e nelle banche con qualche correttivo di autogestione di tipo jugoslavo dentro le imprese nazionalizzate (la stessa di cui si erano vantati gli epigoni del generale De Gaulle). Un'antologia, insomma, di tutte ]e disfunzioni francesi, sovietiche e revisionistiche. Logicamente non vi è da meravigliarsi che il partito comunista francese, il meno europeista forse fra tutti i partiti comunisti dell'Europa occidentale, abbia sottoscritto questo programma. Una Francia inceppata dal « programma comune » a sua volta avrebbe inceppato l'Europa. Ma che i socialisti, che pur si 23 •

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