Letteratura , pratica, da parte di una classe che in effetti non ha ancora preso coscienza della propria dignità umana ma l'ha forse solo vagamente intuita in termini di un cristianesimo primitivo, il proprio obiettivo di lotta. E dunque « Che fare?»; l'interrogativo doloroso e monotonamente ripetuto dai cafoni di Fontamara, che così intitolano il loro foglietto di propaganda e di battaglia, rimane in Silone senza risposta? « Dopo tante pene e tanti lutti, tante lacrime e tante piaghe, tanto odio, tante ingiustizie e tanta disperazione, che fare?» 8 • È vero che la domanda è già una risposta nella misura in cui è segno di una consapevolezza: per la pri1na volta si parla di fare e non solo di subire e quindi anche la sconfitta può essere speranza e slancio rivoluzionario. (Non a caso Che fare? è anche il titolo di un'opera di propaganda rivoluzionaria di Lenin). Ma la risposta di Silone è « sempre meno decifrabile politicamente... sempre più metapolitica » e lascia il terreno dell'effettualità politica per divenire un atto di fede. Manca in effetti in Silone, sul piano rigoroso della prassi politica, una verifica severa del proprio programma e dei propri ideali, un approfondimento delle cause e dei presupposti storici nonché delle motivazioni psicologiche che portano a scelte s Fontamara, pp. 230 seg. precise dei mezzi e degli obiettivi di lotta; alla base del suo entusiasmo e della sua fede rivoluzionaria c'è un'angoscia profonda di tipo esistenziale (Pampaloni), che gli fa disperare della possibilità per ·l'uomo di salvarsi dalla spirale di dolore e dj violenza che lo crocifigge in terra: agonia perenne di un Cristo, il povero, per il quale non c'è riscatto, non c'è altro mondo di salvezza 10 ; solo nella reciproca solidarietà, nello slancio comunitario in cui si realizzi contemporaneamente la libertà individuale delle relazioni interpersonali, il misero può trovare la sua « uscita di sicurezza», che non è tanto l'amicizia, quanto più predsamente la compagnia. (Ne Il seme sotto la neve Pietro Spina dirà che compagno è colui col quale si divide il pane e Infante imparerà a pronunziare la parola compagno sillabando le parole cum paan ). Una sorta di religiosità tutta laica, di « un uomo che ha messo in crisi la sua stesa fede religiosa e politica, per riaverla in libertà, quale sostanza dialettica della libertà » 11 e che Silone chiama « la riscoperta della eredità cristiana nella rivoluzione sociale » è l'esperienza fondamentale e il messaggio che ci vengono dalle pagine di « Fon tamara »: un'esperienza di amore, di « somiglianza», un monito di fraternità vissuta e purificata nel dolore 12 • 9 Pampaloni, in « Il Ponte», gennaio 1949. 10 « Nella storia dell'uomo sulla terra siamo ancora al Venerdì Santo. Gli uomìni affamati e assetati di giustizia sono ancora derisi, perseguitati, uccisi». Silone in « La Fiera letteraria », aprile 1954. 11 A. Gatto, in « La Fiera letteraria», aprile 1954. 12 Egli stesso dichiarava: « Per non cadere nell'equivoco del banale umanitarismo devo aggiungere ... che con la parola fraternità io non alludo ad alcun idillio ma 127
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