Antonio Saccone moltitudini di trasfughi accampatisi pur sulle macerie quell'indomani, continua e continua anno per anno ad estendersi di un nuovo quartiere l'anno, una nuova strada al mese, un nuovo isolato al giorno, un nuovo capannone d'opificio la settimana; e insieme, mai contenta, a demolire, ricostruire, trasformarsi, scavare gallerie sotterranee e innalzare archi per viadotti nel cuore stesso del suo vecchio centro, aumentando di popolazione a una media ormai di duemila tra nativi e immigrati la settimana, diecimila al mese, centomila all'anno ... » 32. Su questo sfondo nascono e si intrecciano i rapporti interindividuali, che l'autore organizza in una forma espresisva intimamente pervasa dallo spirito e dagli oggetti della civiltà consumistica ( è proprio il linguaggio, la sede dove, secondo Vi ttorini, le mutazioni, prodotte dalla società industriale, possono essere registrate in maniera sottocutanea e sensibile) 3 3: « Chi per il tennis. Chi per la Vespa. Lo so bene. Pure cos'è al confronto la Vespa, col muso ore e ore nella schiena d'un tizio lo stesso che in un sacco di plastica e dieci minuti a insalivarti di lui sulle biade?» 34 32 Op. cit., p. 122-123. -« ••. col sorriso che le si accendeva ogni volta di una lampadina più forte, a cento, a centocinquanta, a trecento, a cinquecento candele ... » 35. Certo, il tema della « città », della metropoli, come luogo di affrancamento e di realizzazione per l'uomo, 1nanca del necessario « segno » politico. Anzi, per la prospettiva utopica con cui viene presentato, genera la sensazione conclusiva che esso trattenga inevitabilmente in sé proprio qualcosa di quella sfera di disperata a-razionalità e a-scientificità che il Vittorini degli anni Sessanta vuole respingere. Ma è pur vero che il discorso dello scrittore siciliano si colloca ad un alto livello di consapevolezza oggettiva e di provocazione, quando ci mostra che il nostro processo di conoscenza e di liberazione non passa attraverso il mondo preindustriale, ma si situa sull'orizzonte della « città industriale » e della « 1nacchina », con tutte le loro dramn1atiche assenze, lacerazioni, alienazioni, ma anche le loro sotterranee potenzialità di liberazione. ANTONIO SACCONE 33 Non è un caso che la corrente avanguardistica francese « école du regard » di Alain Robbe-Grillet appaia a Vittorini più « a livello industriale » di tutta la cosiddetta « letteratura d'industria», per il nuovo rapporto con la realtà che si configura nel suo linguaggio, con la sua immediata adesione alle cose, al loro « esser là», alla loro presenza: « I prodotti della cosiddetta ' école du regard ', il cui contenuto sembra ignorare che esistano delle fabbriche, dei tecnici e degli operai, sono in ~ffetti molto più a livello industriale per il nuovo rapporto con la realtà, che si configura nel loro linguaggio, di tutta la letteratura di industria, che prende le fabbriche per argomento» (cfr. Letteratura e industria, cit. p. 14). 122 34 Delle cinque circonvallazioni che ecc., cit. p. 133. 35 Op. cit., p. 135.
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