Antonio Saccone del giardino dove scintillavano i passi sulla pietra focaia; molto di più che mamma e babbo e ognuna delle zie; perché dentro di me c'era quel misterioso «io» che mi saliva alla gola, e nulla di simile riuscivo ad ammettere che ci fosse in loro 8. Il modello di Svevo è più esplicitamente evidente nel racconto successivo Tranvai, impostato sulla goffa corte di un modesto impiegato ad un'elegante, raffinata e svagata signora, che ci richiama alla mente le fantasie del « piccolo borghese » Adolfo: ... egli capì che qualcosa era nato con più naturalezza di un sogno. Qualcosa di più confortante e durevole, più forte, che una qualunque avventura 9. I termini-chiave, su cui si espande l'universo linguistico, sono: estate, infanzia, sogno, mare, isole, avventura, già adoperati per esprimere le soffocate tensioni ed aspirazioni dei personaggi di Piccola borghesia 10; ci documentano il privilegio assegnato ai lievi respiri, alle modulazioni liriche della fantasia e della memona. Un altro racconto, incluso tra quelli degli anni Trenta, Il signore che voleva assassinarlo, originale e 1n alcune parti veramente bello nelB Op. cit., p. 159. 9 Tranvai in Nome e lagrime cit. p. 169. l'autarchia letteraria di quel periodo, propone un'atmosfera di evidente intonazione kafkiana, nelle macabre allucinazioni del protagonista: ... « Non c'è nessuno in casa e potrebbero venire ad assassinarmi se volessero. L'uscio di scala è accostato. Uno lo spingerebbe senza rumore e io vedrei un'ombra dietro quei vetri. Potrei gridare ma prima che accorressero in mio aiuto quello mi avrebbe strangolato con l'asciugamani. Avrei dovuto fare del male. Tuttavia succedono tanti delitti senza che ci sia stata ragione. Perché proprio a me non dovrebbero capitare ... » 11. Questi racconti, come si vede, poggiano, è il caso di dire, su di una base di ragioni letterarie, che non solo rispecchiano quel gusto per la parola, a cui Vittorini anni dopo assegnerà un esplicito potere demiurgico - sul piano di una concezione sostanzialmente idealistica dell'arte e di difesa della sua autonomia e degli attributi di privilegio, che, secondo il Nostro, le sono proprie 12 -, ma fanno di questi primi tentatiyi narrativi il modello che la rivista fiorentina « Salaria» (intorno alla quale ruotava, negli anni Trenta, lo scrittore insieme ad Alessandro Bonsanti, ad Alberto Carocci ed altri) proponeva come esemplifi10 « E si ricordava un sole antico, un sole favoloso, di certe giornate d'infanzia, le più belle del mondo, come un bene vivente di là dal portone di Prefettura» (cfr. Elio Vittorini, Quindici minuti di ritardo in Piccola borghesia, Milano, Mondadori, i964, p. 48). 11 Il signore che voleva assassinarlo, in Nome e lagrime cit. p 173. 12 « È in ogni uomo di attendersi che forse la parola, una parola, possa trasformare la sostanza di una cosa. Ed è nello scrittore di crederlo con assiduità e fermezza. È fede in una magia: che un aggettivo possa giungere dove non giunse, cercando la verità, la ragione; o che un avverbio possa recuperare il segreto che si è sottratto ad ogni indagine» (cfr. Elio Vittorini, Prefazione a Il garofano rosso, Milano, Mondadori, 1948, p. 9). 114
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