Nord e Sud - anno XX - n. 160 - aprile 1973

Agricoltura e !vlezzogiorno Anche oggi, quando questa realtà pesa sugli equilibri regionali ed è più immanente perché più vicina ai centri politici e decisionali, si stenta a trovare non dico una identità di stanziamenti, ma il pochissimo che non costringa ad un totale abbandono. Tra uno o due anni, quando saranno terminati i fondi del così detto « completamento » dell'azione straordinaria, cosa rimarrà per l'agricoltura del Mezzogiorno, rispetto al ritmo di varie decine di miliardi che in ogni regione pure si stanno ancora investendo in infrastrutture, in impianti cooperativi ed in ammodernamenti aziendali? Come si è già manifestato una volta nell'ultimo ventennio, nel 1963-64,· tale stasi e questa incertezza finanziaria creano un fenomeno di più lunga isteresi nella ripresa, quando poi, col sopraggiungere dei finanziamenti, mancano le iniziative ed i progetti. Sembra, quindi, che occorra proprio un intervento deciso, tendente a modificare questi rapporti di considerazione tra i vari settori in cui solo apparentemente si fraziona l'economia, essendo tutti legati da una logica di integrazione, che è stata rotta dal mito della grande industrializzazione. Se questa non fosse grande o se si appoggiasse ad unità intercollegate, se si ubicasse laddove acqua ed infrastrutture sono già disponibili, se potesse utilizzare le risorse ancora valide nel nostro Paese, dalle produzioni tipiche ai pregi dell'ambiente naturale, se ampliasse le attività di alta tecnologia, come quelle elettriche, quelle aeronautiche, quelle delle telecomunicazioni, se desse più attenzione alle attività che concorrono al benessere dell'uomo - dai grandi centri sanitari di studio e di cura, di cui siamo del tutto carenti, a quelli di ricerca, in tutti i settori (l'idrologia, le scienze fisiche e nucleari, la chimica, la meccanica) -, se si creassero altre due o tre università regionali, se, infine, si trasportassero al Sud i centri decisionali che danno vitalità ad ogni industria, forse avremmo, col volto più umano di questa, anche una maggiore aderenza agli equilibri che andiamo faticosamente ricercando. Ed anche l'agricoltura, risolvendosi molti nodi demografici e sociali, rinvigorendosi in una tonificazione economica anche le risorse finanziarie spendibili dal privato, e nutrendosi ad una civiltà che in1magina ed incoraggia forme nuove di rapporti tra imprese e di associazione di forze, farebbe quel passo che nessuna riforma esterna può farle compiere. Poiché dietro le riforn1e occorre pure che ci siano la consapevolezza e la capacità di attuarle, non essendo esse concepibili come perfette e dovendosi sempre superare l'ostacolo che può renderle inapplicate e vane; è necessario quindi accompagnarle con una serie di azioni con103

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