Nord e Sud - anno XX - n. 160 - aprile 1973

Agricoltura e Mezzogiorno indubbiamente, una componente cospicua nella politica di valorizzazione delle risorse endogene, la cui alternativa non può essere altro che l'impoverimento dell'ambiente naturale, ammesso e non concesso che le attività secondarie e i servizi delle conurbazioni metropolitane, che deriveranno da un ulteriore esodo rurale, possano supplire oltre un certo limite alla occupazione della popolazione. Nessuno si illude che, con uguali entità e ritmi nel tempo, le attività agricole possano soddisfare il livello occupazionale che il Mezzogiorno richiede, ma un quarto o un quinto della popolazione potrà rimanere equamente remunerata dalla terra e dalle attività che ad essa e da essa direttamente si richian1ano e promanano 1, anche perché il mantenimento di un tale equilibrio naturale favorirà la utilizzazione di altre risorse, quelle an1bientali, la cui valorizzazione è appena all'inizio ed il cui spazio econo1nico, nella prospettiva di una prosperità europea e mediterranea promettente, è ancora largo, se sapremo conservarne le attrattive ed i valori. 1 Secondo una disaggregazione, operata attraverso uno studio della Cassa, il « Progetto 80 » presuppone che i 2.153.000 occupati in agricoltura nel '67, nel Mezzogiorno, ai quali è attribuibile un prodotto lordo di L. 1.678 miliardi (L. 779.000 per addetto), si riducano a 1.250.000 addetti, con un prodotto lordo di L. 1.464 miliardi (prodotto lordo per addetto L. 1.971.000). Secondo lo stesso studio si possono porre altre due ipotesi, l'una « intermedia » o « tendenziale», che si basa sulla semplice proiezione all'80 - effettuata con metodi matematici quali l'estrapolazione lineare ed esponenziale - dei trends verificatisi per il passato, per le due variabili dello sviluppo: prodotto lordo ed occupazione. L'altra ipotesi, « moderata» o di « stabilizzazione dell'esodo », si fonda invece sulla salvaguardia di un determinato livello di occupazione agricola al 1980. Si assume cioè una forte attenuazione del ritmo di riduzione delle forze di lavoro, allo scopo di evitare che una espulsione prolungata di manodopera non solo determini una contrazione produttiva nelle zone di agricoltura tradizionale, ma pregiudichi i presunti risultati economici realizzabili anche nelle zone più attive del Mezzogiorno, quali le pianure irrigue. Per la ipotesi « tendenziale», a fronte dei dati del '67 sopra riportati, si avrebbe nell'80 un numero di addetti di circa 1.311.000, con un prodotto lordo di L. 2.178 miliardi (L. 1.661.000 per addetto). · Per la ipotesi di « stabilizzazione dell'esodo», si avrebbe nell'80 un numero di addetti di 1.647.000, con un prodotto lordo di L. 1.382 miliardi (L. 1.446.000 per add.). A proposito di risultati conseguibili nelle zone attive, tra le ultime rilevazioni, sono interessantissimi i dati desunti dalla Dott.ssa Anna Tartaglia e pubblicati su « La Rivista di Economia Agraria» (n. XXVII - fascicolo 2 - Roma 1972). La indagi"!.1e si riferisce alla fascia litoranea tarantina dei Comuni di Massafra, Palagiano, Castellaneta e Ginosa, per aziende che dispongano almeno parzialmente di acqua per irrigazione. Il reddito accertato per un campione di 60 famiglie, ridotte nel corso delle analisi complete a 30, e per condizioni di trasformazione in varia progressione,. è di L. 2.875.144per famiglia (il 93,5% è reddito agricolo, ed il 6,5% proviene da attività extra-agricole, ma solo per il 3,4% extra-aziendali). Se questi redditi vengono posti a confronto con gli investimenti, comunque possano essere sviluppati i calcoli, risulta evidente la utilità ecor1omica raggiunta daglì investimenti agricoli, a confronto anche con quelli industriali, di complessi ricadenti nella stessa zona. 99

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