Giulio Leone A questa ultima forza sociale, ormai così retrogradata, appartiene in grandissin1a parte l'agricoltura, promiscua, sotto il profilo delle colline appoderate e della montagna del Mezzogiorno. Situazioni che reclamano non tanto conversioni colturali e tecniche· razionali di uso del terreno, anche esse fondamentali, quanto provvidenze sociali atte a sistemare gli effetti e111orragici, disordinati, incerti anche nei destini familiari, del movimento emigratorio. Una fisionomia produttiva della collina appoderata e della montagna estensiva è certo collegata al definitivo assetto demografico, ma è possibile stabilire ormai, attraverso lo strumento dei piani zonali, gli standards sui quali bisogna attestarsi. Nella prima un riassetto ed un ampliamento della base aziendale e possibilmente piccoli centri manifatturieri di industrie decentrate, che assorbano la certa eccedenza delle forze lavorative maschili e femminili; nella seconda, un vigoroso programma di selvicoltura industriale, ormai tecnican1ente possibile e ubicazionalmente identificato, ed una zootecnia estensiva, migliorata. per incrocio, diretta alla produzione del vitellame da ingrasso, potrebbero costituire le grandi linee di una sistemazione che non può disgiungersi dalla valorizzazione delle zone attive. Questa premessa, per quanto sintetica, porta ad una conclusione ragionata, che esprime la validità di un contenuto dell'attività agricola nel Mezzogiorno sotto il profilo della· consistenza economica (intorno al quarto del valore aggiunto di tutto l'insieme regionale), della offerta di lavoro (poco meno di un terzo degli occupati), della esigenza di un minimo di addetti per l'impiego delle risorse naturali nelle zone estensive, dei margini di progresso economico che possono essere raggiunti da una politica di sostegno e di sviluppo. È su quest'ultima che converrà soffermarsi, per coglierne alcune necessarie implicazioni e contrastarne alcune incomprensibili dev1azioni. Se riprendiamo il campione studiato, e guardiamo ai tassi di incremento annuo del diciottennio anteriore al '69 (5,4%) ed a quello ipotizzabile secondo tendenze e prezzi nei prossimi otto anni (5,1 %), dovremmo concludere che nelle pianure irrigabili saranno raggiungibili nel 1980 raddoppi degli attuali prodotti netti e incrementi globali nella remunerazione del lavoro addetto dell'ordine del 70-80%. Minori prospettive, ma tassi di incren1ento del 3-4% annuo (la zona vitivinicola della Capitanata ha proceduto al ritmo del 4,8% nel diciottennio) possono Z{vere le fasce vitivinicole. Queste due sole entità, per trascurare quella cerealicola, che di per sé ha un elevato contenuto sociale, giustificano appieno l'attenzione che deve darsi al comparto agricolo della nostra economia. Esso costituirà, 98
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