Girolamo Cotroneo se Matteucci lo ha assolto, globalmente, in maniera egregia, non mancano, a nostro avviso, nella sua tesi di fondo alcuni spigoli non sufficientemente smussati, alcune contraddizioni non risolte. Ma, prima di discuterne, vale forse la pena sgombrare H campo da una pregiudiziale che condiziona tutto il discorso. All'inizio di esso, infatti, Matteucci dichiara, senza molte reticenze, che la parola « liberalismo » è oggi qui da noi « largamente screditata »; ma che tale discredito non si fonda su di un approfondimento critico dei temi caratterizzanti del pensiero liberale, essendo piuttosto il frutto di uno « stato d'animo », dovuto all'avversione, per opposti motivi, del movimento cattolico e di quello socialista verso lo Stato liberale. Abbracciando quindi la tesi liberale, Matteucd sfida consapevolmente l'impopolarità. Ma il discredito di cui gode il liberalismo è dovuto soltanto alla debolezza teorica e al provincialismo del movimento cattolico e del movimento socialista? Ha notato giustamento Norberto Bobbio, occupandosi su « Filosofia e società », la nuova rivista di Lido Chiusano, del libro di Matteucci, che, di là di quello, pur assai valido, indicato dall'autore, un altro motivo rende oggi sospetto il liberalismo: « Nonostante la battaglia crociana - .ha scritto infatti Bobbio - per fare accettare la distinzione tra liberalismo politico e liberismo economico, il nome 'liberale' in politica è rimasto ai gruppi ai partiti, alle teorie, che difendono sino al massimo limite in cui ancora è defendibile e comunque in misura maggiore che tutti gli altri gruppi, o partiti, o teorie, la libertà economica ». Il problema, come si vede, è grosso: perché se è vero che presso i gruppi o partiti che si richiamano all'ideologia liberale, la libertà economica si presenta come un prius rispetto a tutte le altre, allora, quando questa è minacciata « le libertà civili debbono essere sospese o ridotte in modo da non poter nuocere ai detentori del potere economico, che poi sono i soli fruitori di questa libertà»; non viene allora (è sempre Bobhio a dirlo), che la libertà economica non è per il liberalismo soltanto un mezzo per realizzare dei fini, ma è invece essa stessa un fine, « anzi, il fine ultimo, al quale tutti gli altri debbono essere subordinati?». Come si diceva, il problema è grosso: Matteucci potrebbe rispondere che questi gruppi usurpano il titolo di liberali, non trovando la teoria della preminenza delle libertà economiche su quelle civili alcun riscontro nel liberalismo classico, dove l'ordine delle libertà era chiaramente indicato e dove appunto la libertà economica ser8
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