La politica estera dell'Italia fra le due guerre (l) brare una nuova minaccia tedesca solo con un sistema di alleanze idoneo a contenere la Germania da tutti i lati. Un terzo incomodo, come l'Italia, avrebbe potuto minacciare l'integrità di tale sistema, che già per suo conto appariva destinato a reggersi su equilibri piuttosto precari. D'altra parte, un'eventuale penetrazione italiana nei Balcani avrebbe potuto costituire la premessa di un più attivo inserimento dell'Italia - che a tal fine avrebbe potuto sfruttare le isole del Dodecanneso già in suo possesso - nella nevralgica area del Mediterraneo orientale e del vicino Oriente. E qui entravano in ballo, oltre agli interessi francesi, anche gli interessi britannici. È vero che sia con il Patto di Londra e sia più tardi con il Trattato di S. Jean de Maurienne 2 gli anglo-francesi si erano impegnati a rendere l'Italia partecipe della spartizione dell'Impero Ottomano, ma è anche vero che in seguito, profittando della mancata adesione della Russia nella quale era scoppiata la rivoluzione, avevano ripudiato il secondo di questi accordi, svuotando di contenuto anche il primo. Evidentemente, proprio per evitare l'inserimento italiano in un'area vitale, l'Inghilterra aveva preferito cambiare direzione, appoggiando, invece delle pretese italiane, le pretese greche su Smirne. Anche il Presidente americano Wilson, sia pure per motivi diversi da quelli che ispiravano Clemenceau e Lloyd George, era ostile alle rivendicazioni italiane. Wilson era fautore dei principi di nazionalità e di autodeterminazione dei popoli, in base ai quali nessun paese avrebbe potuto includere nei propri confini cittadini di altre nazionalità. In linea teorica, questi principi erano giusti. In pratica, dato il « groviglio » etnico esistente nella maggior parte delle zone in contestazione (Alsazia e Lorena, alta Slesia, Boemia e Moravia, Istria, Dalmazia, ecc.), erano spesso inapplicabili. Perciò, con una serie di compromessi che non soddisfecero nessuno, furono applicati solo in parte: nelle contese fra vincitori e vinti spesso a favore dei vincitori; nelle contese fra vincitori e « parificati », con molte storture. Come avvenne nel caso della questione adriatica, jn cui l'Italia si trovò di fronte uno Stato nuovo, la Jugoslavia, che gli altri vincitori non volevano scontentare (o che addirittura volevano rafforzare, per far sorgere, nell'Adriatico, un contrap, peso all'Italia). In questo quadro la linea di Wilson si saldò a quella di Clemenceau 2 Il trattato di S. Jean de Maurienne, dell'aprile 1917, fìl stipulato in seguito alle proteste del governo italiano che aveva avu~o notizie dei trattati segreti del 1915 e del 1916 (Sykes-Picot), con i quali gli anglo-francesi avevano stabilito di dividersi le future spoglie dell'Impero Ottomano. 97
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