Nord e Sud - anno XX - n. 159 - marzo 1973

Autori vari I programmi per il quinquennio 1971-1975 prevedono investimenti per 13.280 miliardi. Di fronte a questj sviluppi indubbiamente positivi quali sono le critiche che si muovono alle imprese pubbìiche e quali sono le direzioni verso cui dovrebbe indirizzarli la nuova regolamentazione? Un primo gruppo di critiche riguarda il modo in cui le imprese pubbliche si sono procurate le loro partecipazioni e il loro spazio nel sistema economico. « La storia delle imprese pubbliche - è stato detto - è, in negativo, la storia del fallimento, degli errori, delle speculazioni della grande impresa capitalistica ». Anche se un tale giudizio può apparire eccessivo, è vero che lo sviluppo delle imprese pubbliche è proceduto in gran parte attraverso operazioni di salvataggio di imprese ormai in crisi, invecchiate e sfruttate senza alcuna contropartita di idee e spirito innovativo da parte dei capitalisti meno capaci. Sono questi i momenti in cui i lavoratori vengono strumentalizzati per ottenere l'intervento dello stato; si fa appello ai pericoli della disoccupazione, alle perdite dei piccoli risparn1iatori per cedere allo Stato in1prese di nessun valore a un costo notevole; spesso, per giunta, le stesse imprese erano sorte utilizzando incentivi e denaro pubblici. In conclusione si può dire che lo Stato viene a pagare un prezzo ben alto per le sue partecipazioni, con tutto vantaggio degli imprenditori meno capaci e con grande spreco del denaro pubblico. Per questo, si chiede che in futuro le operazioni di salvataggio siano limitate ad aziende che hanno ancora delle prospettive di sviluppo e siano condotte con i necessari criteri di economicità; la crescita delle partecipazioni statali deve avvenire principalmente per forza e volontà autonoma, in settori dinamici dell'economia nazionale. Su questo punto ci sembra di potere registrare una notevole concordanza di opinioni. Minore omogeneità di vedute si riscontra, invece, su un secondo punto critico: la impossibilità da parte degli organi dello Stato di utilizzare le imprese pubbliche come un effettivo strumento di programmazione economica. In linea di principio, dovrebbe essere proprio questa la loro naturale vocazione. Si sa quanto sia importante moltiplicare e differenziare gli strumenti di politica economica di fronte ai numerosi obiettivi che lo Stato è chiamato a perseguire in un sistema ad economia mista come il nostro. E il fatto di avere costituito un forte gruppo di ·aziende attraverso cui potere intervenire direttamente nel settore. industriale rappresenta indubbiamente una prova di chiaroveggenza da parte del nostro Stato, anche se tale risultato è stato -conseguito a un ben alto costo. Tuttavia, non sembra che all'atto pratico le imprese 88

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