Filippo Scalese In realtà il progetto 80 può costituire per l'Italia una buona occasione per impostare finalmente una coerente politica agraria e per superare il colorito disordine esistente nella legislazione speciale a favore dell'agricoltura, o di particolari territori. Inoltre, e ciò riguarda specialmente le regioni meridionali, si presenta l'opportunità di avviare a soluzione - tenuto conto anche degli stanziamenti comunitari per lo sviluppo regionale - una serie di problemi finora indistinti e confusi, senza provocare un ulteriore, massiccio esodo territoriale. Anzitutto, il problema dell'ammodernamento dell'agricoltura, settore sen1pre essenziale all'economia meridionale, i cui prodotti trovano crescenti difficoltà di collocazione sui mercati esteri. Poi quello della difesa del suolo, sulla cui necessità ci sembra veramente inutile spendere parole. Terzo, infine, il problema di un razionale assetto territoriale, concepito in funzione della produttività dei terreni agricoli. Questo criterio è del tutto disatteso nelle regioni meridionali. Progettare industrie, servizi, nuclei urbani in zone irrigue, su terreni ad alta fertilità - di cui peraltro il Mezzogiorno non è certo ricco - significa sottrarre reddito al settore agricolo e diminuire, nel complesso, le opportunità di lavoro nel Mezzogiorno: il contrario di quanto si vorrebbe e si dovrebbe fare. Anche le piccole opere di urbanizzazione, le linee di comunicazione andrebbero preferibilmente localizzate su terreni meno fertili, perché se è vero che singolarmente interessano piccole superfici, è anche vero che nell'insieme esse sottraggono all'agricoltura una consistente entità di terreni agricoli (senza considerare gli insediamenti umani che inevitabilmente seguono). Considerazioni di questo .tipo hanno recentemente indotto le autorità governative in Gran Bretagna a riclassificare i terreni agricoli in base alla loro produttività e ad indicare esplicitamente su apposita cartografia quali di essi siano da ritenersi indisponibili per usi diversi da quelli agricoli. Si tratta insomma di problemi non insolubili e che ora sono affidati per gran parte al buon funzionamento delle regioni e alla sensibilità politica delle autorità regionali. Anche se non si può quindi essere eccessivamente ottimisti, occorre peraltro mèttere in evidenza ancora una volta che solo se si riuscirà ad avere chiara e piena consapevolezza di questi problemi si potrà veramente fare del Mezzogiorno d'Italia un problema europeo. ·Non ci sembra inutile, infine, sottolineare che quanto è stato scritto . circa l'inattuabilità del Piano Mansholt in assenza di una forte espansione industriale, può essere fortemente ridimensionato e quindi ricondurre l'impostazione del discorso alle risultanze del rapporto MIT. 84
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