Nord e Sud - anno XX - n. 159 - marzo 1973

Quale sviluppo? progetto (< Agricoltura 80 » - è che l'esodo dei giovani dalle campagne è un fenomeno esistente ed irreversibile, e quindi esso si limita realisticamente a controllare e tutt'al più ad accelerare « un esodo spontaneo, naturale, ineluttabile, permettendonf' l'orientamento e l'armonizzazione ». Inoltre, se è vero che nuovi posti di lavoro dovranno essere approntati negli altri settori economici non è men vero che la manodopera espulsa dal settore agricolo deve intendersi sottratta all'agricoltura in quanto attività produttiva, ma può benissimo dedicarsi al rimboschimento, alla difesa del suolo e ad altri compiti agricoli non produttivi. In altri termini, agricoltura significherà - come del resto è giusto che sia - ·soltanto il complesso delle attività connesse con la produzione: coloro che non appartengono alle imprese agricole e che non hanno niente a che fare con l'attività produttiva, non saranno più costretti ad ingrossare le file della disoccupazione nascosta, o passare disordinatamente ad altri settori, ma potranno essere chiamati a svolgere compiti « terziari », anche se il loro lavoro resterà concretamente legato alla terra. Questa prospettiva può apparire allarmante, perché evoca alla memoria i cantieri di lavoro sorti oltre venti anni fa « per alleviare la disoccupazione». Ma oggi la situazione politica ed economica è notevolmente diversa e per certi problemi, anche se lontani dall'essere risolti, vi è una maggiore sensibilità e se ne ha una più approfondita conoscenza. Inoltre il Piano Mansholt, che perfino per i suoi denigratori « sembra destinato a restare cosa seria per mancanza di valide alternative » si avvale di cospicui stanziamenti comunitari e probabilmente in un modo o nell'altro verrà attuato: in tempi in cui l'agricoltura mondiale, all'Est come all'Ovest, va organizzandosi in giganteschi complessi agro-industriali, l'attuale ·politica protezionistica della CEE non può certo continuare per molto· tempo, senza compromettere definitivamente la competitività dell'industria europea sui mercati internazionali. Né ci sembra che il processo di esodo possa, almeno in Italia, essere abbandonato a se stesso: nella migliore delle ipotesi gli « espulsi » con i soldi del piano acquisteranno ~l solito negozio, inflazionando ulteriormente il già asfittico settore della distribuzione, vera « palla di piombo » della nostra economia. In altri termini spetta agli Stati nazionali, agli organi locali e alle organizzazioni sindacali di tutta Europa di prender·~ in anticipo tutte quelle misure ritenute· idonee a non far degenerare l'applicazione del piano stesso in frammentarie richieste di finanziamento ed in un caotico insieme di decisioni, dettate dall'urgenza e dalla necessità. 83

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