Quale sviluppo? degli impianti di base non si è sviluppata una fitta maglia di unità produttrici per rispondere alle stesse immediate esigenze della siderurgia e della petrolchimica, tanto che per forniture, sub-forniture e trasformazione dei semilavorati si ricorre quasi sempre a fabbriche dislocate nel Nord. Se questa è la non lieta situazione odierna, quale domani si profila all'orizzonte per l'economia meridionale? Una preoccupata risposta l'ha data un giovane docente universitario, Ugo Leone, che proviene dalla scuola di Francesco Compagna, con un breve ma incisivo saggio apparso su « Nord e Sud». Commentando il rapporto del M.I.T. (Massachusetts Institute of Technology), edito in Italia da Mondadori, il quale calcola che « con l'attuale tasso di consuino e la durata prevedibile delle risorse attualmente conosciute fra trenta anni nel mondo non vi sarà più una goccia di petrolio», Ugo Leone così scrive: « È un fatto grave perché il petrolio è considerato una componente di notevole importanza nello sviluppo del Mezzogiorno ... Sulla petrolchimica si punta non poco per il decollo industriale del Sud. Ma che cosa potrebbe accadere se, dopo aver investito centinaia di miliardi nell'approntamento di infrastrutture (porti petroliferi, oleodotti, ecc.), e nell'installazione di nuovi impianti, o nell'ampliamento di quelli esistenti, poi tutto fosse costretto a fermarsi per la mancanza della materia prima, il petrolio, che è alla base di queste lavorazioni? Forse poco o niente in termini cinicamente aziendalistici, perché un investimento fatto oggi per gli impianti si ammortizza prima che il petrolio finisca; ma molto, moltissimo, in termini di disoccupazione e di infrastrutture inutilizzabili ». L'analisi di Leone non si ferma soltanto agli impianti petrolchimici ma spazia, e non poteva essere diversamente, al futuro di altri settori strettamente connessi al petrolio. « Se il petrolio finisce - scrive Leone - non è solo l'industria petrolchimica ad esserne toccata, ma anche l'industria energetica (le centrali termoelettriche) e l'industria automobilistica. Ora sia per l'uno che per l'altro settore le soluzioni sono tecnicamente possibili e in fase di « approntamento » (si pensi alle centrali elettronucleari e alle automobili elettriche). Là dove il discorso si fa particolarmente delicato è per tutte quelle industrie che solo dal petrolio possono essere alimentate. Occorre, dunque, fare delle scelte perché, se è vero che fra una trentina d'anni non potremo più disporre di petrolio, è anche vero che, «dosando» e pianificando i consumi, le riserve possono durare molto, ma molto dì più. Ciò vuole dire che l'energia elettrica dovrà essere in 77
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