QUALE SVILUPPO? Iniziamo con questo numero una nuova rubrica nella quale pubblicheremo tutti i contributi che direttamente o indirettamente saranno dati al dibattito che abbiamo inteso aprire con la pubblicazione dell'articolo di Ugo Leone, Quale sviluppo?, nel numero di Dicembre 1972. Allarme per l'energia necessaria al Sud di Mario Dilio (da ((La Voce Repubblicana») È indubbio che l'intenso periodo della prima rivoluzione industriale il vastissimo territorio dell'Europa centrale, compresa la Valle Padana, fu determinato dall'esistenza, in zone nevralgiche della Germania, del Belgio, della Francia e della Gran Bretagna di immense risorse carbonifere preziose per mandare avanti le fabbriche e trasformare le economie nazionali da agricole in industriali. Nel secondo dopoguerra non pochi economisti si dissero convinti che la scoperta di grandi giacimenti petroliferi nei paesi africani avrebbe certamente favorito le zone mediterranee proprio perché più vicine alla nuova forza motrice delle attività produttive industriali. In realtà talune importanti decisioni dei governi italiani, riguardanti la localizzazione di grandi impianti di base, nella siderurgia e nella petrolchimica, degli anni '50 e '60, hanno tenuto conto di questo nuovo fattore e gli stessi studi dello IASM ( Istituto per l'Assistenza allo Sviluppo del Mezzogiorno) hanno accertato che oggi, rispetto a ieri, quasi il settanta per cento della produzione petrolchimica italiana viene fuori da stabilimenti operanti nelle regioni meridionali, anche se scarso è l'apporto di essi sul piano occupazionale perché, come tutti sanno, si tratta di impianti altamente automatizzati che richiedono ingenti capitali e scarsa mano d'opera. Il più rilevante « GAP » che caratterizza lo ancor forte divario fra Mezzogiorno e Italia Settentrionale è dovuto alla carenza assoluta da noi di industrie manifatturiere; nel Sud cioè, anche dopo la creazione 76
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