Gaetano Ruello ed Ernesto Sparano duttive che possono considerarsi esen1pi di una vera e propria « sconcentrazione » delle aziende. Se questa è la realtà, è evidente che non. si può sperare nel superamento di quella che giustamente viene definita crisi di strutura, facendo affidamento unicamente sulle forze spontanee del mercato, nel quale, in funzione dell'allargamento delle sue dimensioni, acquistano - come è facile intuire - un peso sempre più determinante le grandi concentrazioni di capitale, raffigurabili nelle società finanziarie private, nazionali e straniere. Appare ingiusto pertanto che, soprattutto nel Mezzogiorno, dove le strutture esistenti sono più fragili, il destino delle iniziative di piccola e media dimensione venga deciso e determinato attraverso le regole imposte dalla necessità di stabilire un equilibrio tra i colossi finanziari privati, e che nulla si escogiti per tentare il salvataggio o meglio il recupero di queste iniziative, attraverso un intervento diretto, immediato e specifico della mano pubblica. Da ogni parte si è, ormai, compreso che il problema sta in questi termini e sembra altresì scontato che, volendolo avviare a soluzione insieme con quello concernente j} superamento dell'arretratezza del Mezzogiorno e l'attuazione delle necessarie riforme di struttura, si debba agire fondamentalmente, sul piano economico, con lo strumento programmazione e, sul piano politico-sociale, non ostacolando l'affermazione in sede operativa delle autonomie locali. I centri di potere maggiormente conservatori, che per il passato hanno osteggiato e la programmazione e le autonomie regionali, oggi riconoscono che altra strada non esiste. Sicché, la problematica che si svolge intorno a questi due ten1i non riguarda più, oggi come oggi, il se ed il quando, ma unicamente il come bisogna attuare la programmazione e soprattutto come ed in quale n1isura bisogna consentire agli interessi che si esprimono attraverso gli istituti regionali di partecipare responsabilmente alla definizione del programma nazionale; il cui fine prioritario è rappresentato, lo ripetiamo, dalla soluzione dei problemi connessi alla crisi di struttura del sistema produttivo, attraverso l'eliminazione degli squilibri settoriali e regionali e il recupero della piccola e media impresa, soprattutto industriale. La scelta e l'articolazione in senso democratico, e non dirigista 3, 3 In proposito basta citare uno soltanto degli Autori che, sul piano istituzionale, hanno trattato l'argomento: F. Forte, Manuale di politica economica, Einaudi 1970, secondo il quale « la programmazione che si desidera, in una società democratica, basata su un pluralismo di centri autonomi di decisione e sullo sviluppo massimo possibile dei corpi intermedi, quale espressione più diretta della volontà democratica e delle esigenze umane, è notevolmente diversa dal piano integrale di un sistema 58
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