Nord e Sud - anno XX - n. 159 - marzo 1973

Gaetano Ruello ed Ernesto Sparano che siamo in presenza, non tanto di una crisi congiunturale, quanto piuttosto di una crisi strutturale 1 . È opinione abbastanza diffusa che un aspetto particolarmente saliente di questo stato di cose è che, in questo momento, quasi tutte le imprese italiane di media e piccola dimensione incontrano gravi difficoltà nell'ottenere prestiti da destinare a nuovi investimenti. Da una indagine curata dal Mediocredito, è risultato che, spesso, queste difficoltà dipendono da scarsa esperienza. Infatti, in base ai dati acquisiti, è da ritenere che poco più del 50% dei piccoli imprenditori conosce le più vantaggiose forme di finanziamento a medio termine, che nel nostro paese sono quasi una dozzina, a causa di una legislazione di settore alquanto occasionale e frammentaria. Dalla stessa indagine è risultato inoltre che, in altri casi, di gran lunga più numerosi, le piccole e medie aziende sono troppo indebitate e quindi non sono in grado di potere ancora presentare alle Banche esercenti il credito a medio termine sufficienti garanzie a sostegno di ulteriori finanziamenti. Infine, si ha spesso che gli interessi pagati per debiti accumulati in passato assorbono, in tutto o in parte, il profitto derivante dall'attività aziendale 2 • 1 F. questo un modo, in verità, alquanto generico, sul piano tecnico-economico, ner indicare il « concetto » di crisi strutturale rispetto a quello di crisi congiunturale. Da qualche parte si è tentato di fissare in termini più specifici la differenza tra i due tipi di crisi, affermando che per crisi congiunturale bisognerebbe intendere quella che. pur generando delle oscillazioni tra le remunerazioni di tutti i fattori della produzione, non crea mutamenti sostanziali nella distribuzione del reddito nazionrlle: mentre. si dovrebbe considerare crisi di struttura quella che determina sostanziali modifiche nella « distribuzione delle remunerazioni ai fattori di produzione». In tal senso: Renato Varchi, Panorama Economico 1972 (su « Il Sole 24 Ore», pag. 53), secondo il quale, a partire dal 1969, in Italia, si sarebbe verificato un « incremento spropositato del tasso di remunerazione del «fattore» lavoro, al quale attualmente verrebbe assegnato 1'85-90% del valore aggiunto: il che comporterebbe, insieme con l'impossibilità di remunerare adeguatamente il «capitale» e «l'impresa» (rispettivamente, con interessi e profitti), l'impossibilità di effettuare gli ammortamenti e, in definitiva, un « processo di progressiva anemizzazione del sistema economico». A prescindere dalla definizione del concetto economico di « crisi di stn1ttura », ci pare che questa analisi non tenga conto di altri fatti, verificatisi a partire dal 1969, che hanno concorso, secondo noi, a determinare la crisi attuale, ed in particolare, da una parte, una certa incapacità delle autorità monetarie e frenare il fenomeno della fuga di capitali e, dall'altra, l'aumento di fabbisogno monetario del settore non direttamente produttivo (al quale, in definitiva, si veniva a togliere una certa quantità di risorse), per i deficit degli enti territoriali e delle mutue e per gli aumenti delle spese. ordinarie della pubblica amministrazione statale. 2 Nel febbraio 1972, è stata costituita una Commissione Consultiva per l'industria minore, presso il Ministero dell'Industria, la quale ha accertato l'urgente necessità di eliminare le difficoltà di accesso al credito a medio termine, da parte delle piccole e medie imprese industriali. Peraltro, da alcuni anni a questa parte, gli imprenditori interessati hanno dato 56

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