Regioni e finanziarie regionali di un programma economico nazionale ed un errata politica sindacale, i cui effetti più rilevanti sono stati, rispettivamente, il triste fenomeno dell'emigrazione interna ed internazionale con tutte le conseguenti implicazioni negative e l'aggravarsi degli squilibri settoriali; con la creazione addirittura di precise forme di monopolio e di privilegio anche all'interno del mondo del lavoro. Un aspetto particolare e alquanto caratterizzante della crisi generale che ne è derivata è certamente lo stato di assoluta difficoltà in cui, superato il momento del « boom », si è venuta a trovare in Italia la piccola e media impresa industriale, le cui condizioni rappresentano il dato più significativo della inadeguatezza della struttura dell'intero sistema produttivo alle esigenze dei tempi, ove si pensi che, in Italia, circa il 70% delle iniziative industriali fanno capo a piccoli e medi imprenditori. In verità, in tutti i sistemi produttivi a economia libera si sviluppano naturalmente, anche in condizioni di normale andamento dei mercati, talune forme aggreganti che mettono naturalmente in difficoltà la piccola e media impresa, la cui redditività risulta ineluttabilmente condizionata dai processi di concentramento di natura mono ed oligopolistica. Ed è· evidente che il picco 1o imprenditore diventa « n1arginale » in breve volgere di tempo, allorché, in aggiunta ai naturali fenomeni di concentrazione industriale, si verificano delle profonde trasformazioni nell'ambito delle dimensioni del mercato. In Italia, purtroppo, si è verificato che, mentre si assumevano gli impegni comunitari con i paesi del MEC, fra gli altri errori relativi alla mancata realizzazione di talune essenziali riforme di struttura, si è avuto anche quello di non aver pensato per tempo di ovviare alle difficoltà in cui, per necessità di cose, si sarebbe venuta a trovare la piccola e la media industria. Sotto questo riguardo, a nostro avviso, risulta evidente la dimensione degli errori connessi alla mancanza di una politica di programmazione ed alla collaterale contraddittoria politica sindacale: la quale, nel periodo di maggiore incremento del reddito nazionale, si è svolta, prevalentemente in termini di poco o affatto incisive rivendicazioni salariali, mentre negli ultimi anni, ossia in coincidenza del periodo di congiuntura sfavorevole, ha aggiunto ad una massiccia pressione salariale la richiesta di impegnative riforme di struttura. Dunque, appare chiaro che i mali del sistema produttivo italiano coincidono per gran parte con la crisi della piccola e media industria, per natura incapace di programmare le più idonee condizioni di redditività aziendale nel lungo periodo, ed anche in tal senso è lecito ritenere 55
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