Giornale a più voci tuisce quello della « creatività delle masse». L'opera di proselitismo è capillare e fruttuosa, i partiti (tutti, anche il P.C.I.) sono estromessi dalla vita politica dell'Università, la vigilanza all'interno della Statale è inflessibile, il controllo sull'operato dei docenti implacabile e talvolta squadristico (culminerà nel « caso Trimarchi »). Ora la riforma dell'Università non è più in discussione, si attua di fatto, al di fuori dei canali istituzionali. Il Movimento Studentesco riscopre il metodo assembleare che comporta la fine del principio della delega e quindi della rappresentatività. Si dichiara l'Università aperta alle forze del lavoro e si tenta di nuovo di inserirsi nelle lotte operaie. La presenza nelle file del Movimento Studentesco di militanti provenienti dalla media e alta borghesia induce, però, a credere che si tratti di una moda o, comunque, che il fenomeno sia un indice che smentisce da sé i programmi e l'azione stessa del Movimento. Ma Capanna è prontissimo a rispondere e a rivolgere l'argomento a suo favore: «Perla prima volta nella storia - dice - gli studenti mettono in discussione se stessi come ceto dei privilegiati, prendono coscienza dello sfruttamento capitalistico e della sua inevitabile conseguenza, l'oppressione imperialistica, e si organizzano politicamente in forma autonoma, conducendo una lotta di massa, nella prospettiva di lungo periodo della eversione complessiva degli attuali rapporti di potere». Il 1969 rappresenta per il Movimento Studentesco l'occasione per quel pieno inserimento nelle lotte operaie che era il « piatto forte» del suo programma e che era riuscito solo in modo parziale ed effimero ai gruppi operaisti negli anni 1967/68. Su questa aspirazione il Movimento Studentesco ripone tutte le sue speranze e gioca la carta decisiva per porsi come forza egemone di quella nuova concentrazione di sinistra vagheggiata da « Il Manifesto». Ma le speranze non si avverano o si avverano in modo molto parziale perché i sindacati si dimostrano forti ed escono fortissimi dalla lotta ed il P.C.I., che si presumeva indebolito da dissidi interni, si dimostra compatto e non facilmente incrinabile. Tuttavia il Movimento Studentesco è ben accetto nelle manifestazioni unitarie e non subisce il duro e umiliante trattamento riservato all'Unione dei Comunisti e agli altri gruppi operaisti. Così nel 1970 il Movimento Studentesco è padrone incontrastato dell'Università e può iniziare, da posizioni di forza, una serrata polemica non solo e non tanto con i « revisionisti» del P.C.I. ma anche con gli altri gruppetti « frazionisti» presenti nelJIUniversità. Uno alla volta tutti questi gruppetti, dai Trotzkisti a Potere Operaio, dal PC d'I all'UCI, vengono «smascherati» e scacciati dall'Università, spesso con metodi brutali. Nelle grandi manifestazioni accanto a quelli di Lenin e di Mao compare il ritratto di Stalin, aggiunta significativa e densa di presagi. Infatti l'agibilità politica è totalmente p~eclusa ad ogni altra forza politica per quasi due anni all'interno dell'Università e ciò, soprattutto, quando la consistenza numerica del Movimento si andava progressivamente riducendo ed il potere enorme di mobilitazione, che aveva contraddistinto la sua azione per tutto il 1970 e i primi mesi del '71, si era notevolmente affievolito. Non è 49
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