Nord e Sud - anno XX - n. 159 - marzo 1973

Giornale a più voci l'anno, notizie di scontri, aggressioni, sequestri e sparatorie (inauditi per violenza e frequenza) ad opera di opposte fazioni politiche. In quale città viviamo? È quanto si chiedono i milanesi che, passando per il centro della città, la trovano giorno e notte presidiata da forze di polizia in assetto di guerra. Di chi è la responsabilità se la più europea delle città italiane è da molti anni ormai attraversata da una spirale di violenza che pare inarrestabile? Le accuse si appuntano ora sul Movimento Studentesco, ora sui neofascisti, ora su entrambi, a seconda delle simpatie e delle convinzioni politiche. Se però, anziché accontentarsi di prendere posizione su singoli avvenimenti, si vuole cercare di comprendere la situazione generale, occorre procedere a ritroso e ricercare, per quanto sommariamente, i fatti o le condizioni che hanno consentito di giungere allo stato di disagio e di tensione cui si accennava in precedenza. La protesta e la rivolta giovanile, a partire dalla metà degli anni 60 in poi, è fenomeno comune a larga parte dei paesi del mondo e non solo quelli industrialmente più avanzati (basti pensare alla Spagna ed all'America Latina). In Italia il fenomeno comincia a manifestarsi nel 1967 e trova il suo epicentro nell'Università. Le generazioni nate nel primo dopoguerra, che non hanno conosciuto la dittatura fascista, sono deluse della democrazia «formale» in cui vivono e sono maldisposte ad accettare passivamente le « regole del gioco». Gli organismi rappresentativi universitari, emanazioni dirette dei partiti, a cui forniscono i quadri dirigenti, sono ormai definitivamente logorati e compromessi: 1'8 febbraio 1967 studenti di diverse università occupano la « Sapienza» di Pisa scavalcando l'UNURI, che si scioglierà ufficialmente nel dicembre del 1968 tra la generale indifferenza. Le rivendicazioni studentesche si concentrano su obiettivi concreti ed in fondo minimi: l'esame nozionistico, la lezione cattedratica, l'obbligo delle firme e, sul piano politico, l'opposizione alla legge 2314. Nel frattempo i gruppi « operaisti», ai margini o già da anni usciti dal P.C.I., « escono allo scoperto» e cercano un aggancio con il mondo operaio: sono alla FIAT a Torino, alla Saint Gobain con Adriano Sofri, a Valdagno contro i Marzotto, ed infine in prima fila nei durissimi scontri con la polizia a Valle Giulia. Il risultato di spodestare i sindacati non è stato conseguito ma un nuovo sentimento di odio« anti-borghese », unitamente alla coscienza di essere vittime di una cruda repressione, si è ormai radicato negli studenti. A Milano si hanno le prime occupazioni della Statale, gli scontri con la polizia, i cortei di protesta ma gli obiettivi sono ancora modesti, « riformistici » e tutto sommato contraddittori: la richiesta delle « strutture seminaristiche» dell'Università ad esempio è manifestamente inconciliabile con le possibilità di studio dei pendolari e degli studenti lavoratori, alle esigenze dei quali si dice invece di voler venire incontro. · Il primo radicale cambiamento di rotta, la prima decisiva svolta nella strategia di lotta del Movimento Studentesco avviene quando giunge in Italia l'eco della fiammata del maggio francese. Quali sanò le ragioni per cui decine di migliaia di giovani, la maggior 47

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