Girolan10 Cotroneo cristallizzarsi; ove invece essi vengano· a dire di sentirsi schiacciati dalle strutture socio-politiche e di non essere in grado di fare altro che sfogare accademicamente un certo malumore, allora è chiaro che hanno rinunziato al loro ruolo specifico (soprattutto quando coloro che parlano, in quelle stesse strutture si trovano poi perfettamente a loro agio). Certamente, se qualcuno crede che scrivere qualche articolo « rivoluzionario », firmare dei manifesti, partecipare a qualche corteo, basti per cambiare il mondo, non avrà che delusioni; se pensa invece a lavorare con impegno, senza inseguire successi immediati, lasciando ai tempi lunghi della storia il compito di modificare le situazioni, pur impegnandosi in prima persona a spingere la storia verso quelle modifiche, allora potrà dire di avere assolto, in qualche maniera, il suo compito. Del resto, la cultura non è una istituzione astratta, oggettiva, dove ciò che conta è l'istituzione stessa, non già chi la rappresenta, ma è un fatto soggettivo, indissolubilmente legato a coloro che ne sono i portatori; un discorso su di essa non può quindi essere spersonalizzato, sottoponendola a un'analisi siderale: è un fatto di persone che sono responsabili direttamente del suo dilatarsi o del suo declino e che non possono in nessun caso attribuire la colpa di quest'ultimo alle « strutture » o alla « società » anonimamente intese, in quanto, come prima si diceva, è spesso in opposizione ad esse (quando si ha il coraggio di farlo e con i rischi che comporta) che la cultura svolge la sua vera funzione. Tenendo presente questo punto di vista non si può non restare alquanto delusi - o irritati - di fronte alle dichiarazioni che un certo numero di intellettuali italiani ha rilasciato a Giovanni Grazzini nel corso di un'inchiesta che il Corriere della Sera ha pubblicato fra il ventuno gennaio e il due febbraio dell'anno in corso. Dobbiamo tuttavia rilevare, in armonia con i convincimenti che siamo venuti esponendo, che questo genere di inchieste non ci è mai sembrato troppo persuasivo: i sondaggi di opinione, infatti, hanno valore soltanto quando, attraverso un certo numero di campioni, è possibile in qualche modo generalizzare una tendenza media di comportamento di fronte a un qualsiasi fenomeno. Questo procedimento diventa invece assai discutibile in molti casi, come appunto in quello di un sondaggio fra gli intellettuali, ognuno dei quali rappresenta soltanto se stesso e non già una media di comportamenti. Generalizzazioni quali le « tendenze », lo « stato » della cultura, sono 12
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