Nord e Sud - anno XX - n. 159 - marzo 1973

Girolamo Cotroneo crate non s1 inserisce forse nella lotta fra la cultura e il potere? Anche in quelle epoche - non c'è motivo per dubitarne - vi erano intellettuali che assecondavano il « potere », che lo sostenevano con l'autorità della loro dottrina, esattamente come oggi. Crede Ferrarotti che oggi non vi siano intellettuali che sfidano il potere? Che cosa è allora per lui Alexander Solzenitsyn? o gli intellettuali esuli di Grecia e di Spagna? li ha forse dimenticati? o li crede dei ricchi signori che riempiono così, magari un po' pericolosamente, gli otia garantiti ad essi dalle loro proprietà fondiarie? La verità è che l'animo servile e l'animo libero non sono categorie sociologiche, non sono dovuti soltanto alla classe sociale di appartenenza o alle condizioni storiche in cui si vive, né semplici prodotti di un misterioso sostrato inconscio: sono scelte etiche, alle quali l'intellettuale - forse più degli altri - è chiamato a rispondere in prima persona, senza trincerarsi dietro il comodo paravento della « situazione oggettiva» (che è un modo, alquanto maldestro, di eludere le responsabilità personali e di giustificare - e spesso autogiustificare - tutte le viltà). Quanto abbiamo detto finora dovrebbe facilmente consentire l'intelligenza del nostro modo di porre il problema: non pretendiamo sia quello giusto, pur essendo fermamente convinti che quello fra intellettuali e potere sia un falso problema, quando tende a innalzare, e avremo più avanti modo di ripeterci, il momento oggettivo rispetto a quello soggettivo che, per quel che riguarda l'intellettuale, deve essere considerato il solo valido. Ma quando si parla di intellettuali accanto a questo falso problema se ne pone un altro altrettanto falso: quello della « crisi » degli intellettuali. Argomento logoro, che non tiene conto dei presupposti fondamentali di tutta la nostra cultura: esiste infatti da qualche parte una cultura - e quindi gli intellettuali che ne sono i oortatori - che sia pacificata, serena, sazia, soddisfatta di sé? Certamente, quando è burocratizzata, quando coincide con l'ideologia dello Stato: ma è cultura, allora? E come potrebbe non essere in « crisi » perenne una cultura come quella occidentale, sempre inquieta, sempre alla ricerca di e stessa? Se gettiamo uno sguardo sulle origini di essa (poiché l'unico modo di intendere il problema è quello di conoscerne la storia), notiamo come fin dal suo sorgere, si trovò subito di fronte a un dilemma: fra l'immobilità parmenidea dell'essere 10

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