Nord e Sud - anno XX - n. 159 - marzo 1973

RECENSIONI Di Vittorio: fra Gramsci e Togliatti In un suo recente articolo su «Rinascita», Giorgio Amendola notava che, nella storiografia e nella pubblicistica contemporanea, troppo spesso la storia del movimento operaio italiano, e quella degli uomini che lo hanno diretto, sia « come imbalsamata sotto il peso dei documenti, degli articoli, dei discorsi», e quindi destinata a restare « una storia delle idee politiche, e delle posizioni che via via sono state assunte, per poter essere poi corrette, o addirittura capovolte, in un processo dal quale finiscono con lo scomparire i protagonisti, gli uomini, con il loro carico di passioni, volontà, ed anche di vanità e di debolezze ». Di qui l'utilità, per avviare un'indagine storica di più ampio respiro che sappia inquadrare la crisi di indirizzo ideale e di orientamento politico del movimento operaio nella più vasta crisi dello Stato liberaldemocratico nato dal Risorgimento e risuscitato dalla Resistenza, anche della ricerca biografica, intesa come quella che più sobriamente e più effi.c~cernente riesce a tenersi lontana dalla rigidità degli schemi fissi, non sempre interpretativi, e dalla aridità delle formule convenzionali, sempre retoriche. Insomma l'utilità di quelle biografie che, come ha auspicato Amendola, siano « vite di uomini, non raccolte di risoluzioni » e possano servire « non solo ai giovani, ma anche agli anziani». Una di queste è senza dubbio la biografia che Davide Layolo ha dedicato a Di Vittorio - nella collana « Informazione Storica Bompiani » diretta da Ugoberto Alfassio Grimaldi - e che ha appunto per protagonista l'uomo Giuseppe Di Vittorio con i suoi dolori e con i suoi amori, la morte del padre, la figura della madre, il matrimonio con Carolina, la nascita di Baldina, quella difficile del secondogenito Vindice avvenuta mentre infuriava l'assalto fascista contro la Camera del lavoro di Bari. Layolo segue Di Vittorio in tutte le tappe salienti della sua vita con una simpatia, nel senso etimologico del termine, una partecipazione e talvolta un'identificazione un1ane, prima ancora e più ancora che politiche, che hanno radici profonde e che si avvertono fin dalle prime pagine del libro, dinnanzi ad una vecchia fotografia di Michele e Rosa Di Vittorio. « Quel padre e quella madre - rievoca Layolo - erano uguali, precisi a mio padre e mia madre: i contadini si somigliano tutti. Portano dentro gli occhi un'antica tristezza». L'antica tristezza contadina non fu mai sentita come rassegnazione da· Di Vittorio e servì piuttosto ad umanizzare quella rabbia, quella tenacia e quell'energia che lo avrebbero consegnato alla storia come « sindacalista principe nell'Italia della nostra età», secondo l'immagine di Vittorio Gorresio. Fra il giovane. bracciante di Cerignola e il maturo « sindacalista principe» non intercorre quindi alcuna frattura, né sociologica né psicologica, ma vi è 115

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