L'inverno degli intellettuali smentita dalla storia passata e presente, che ha visto gli intellettuali - fra i quali lo stesso Marx - schierarsi il più delle volte contro la classe di appartenenza). Evidentemente l'intelligenza di Ferrarotti urta contro certi schemi sociologici astratti dei quali non ri~sce a liberarsi (né sembra fare sforzo alcuno per farlo); per cui se si dovesse assumere l'intellettuale da lui descritto, sarebbe impossibile portare avanti qualsiasi discorso, non essendo allora l'intellettuale stesso altro che un portavoce - quindi l'ideologo - di una « base economica » di cui chiarirebbe soltanto le idee: l'attività creativa (che parte sì dal reale, dal dato storico e anche da quello economico, ina per trascenderlo), l'estro inventivo, la fantasia, di cui gli intellettuali autentici sono sempre stati i portatori, sarebbero allora, o una sorta di non-sense, oppure servirebbero soltanto gli interessi della classe di appartenenza: discorso questo da mezzacultura, che non pensa, ad esempio, quanto la filosofia « borghese » moderna abbia contributo a formare il pensiero « proletario »; discorso che, portato alle ultime conseguenze, dovrebbe essere poi capace di spiegare come mai ancora oggi un « lavoratore » possa leggere e recepire certe istanze etiche di un Platone che Paul Nizan definiva un « duce di schiavi », o come possa gustare il teatro elisabettiano, o quello « borghese »di Molière e Goldoni. Ma Ferrarotti sorvola disinvoltamente questi problemi e continua la sua disamina sociologica della funzione e della situazione d~ll'intellettuale, aggiungendo all'argomento originario già riferito, che l'intellettuale è oggi ridotto a una posizione subalterna, a semplice puntello ideologico della situazione di fatto, perché « non ha più prerogative di indipendenza ». Ci dispiace per Ferrarotti, ma qui il problema non è più sociologico, ma etico: è vero che il potere - quello politico, quello economico -- utilizza, asservendoli, degli intellettuali (e quanti sociologi fra di essi!) come proprio sostegno teorico; ma questo è un atto di viltà di cui è responsabile soltanto chi lo compie, non già una necessità storica, come sembra lasciare intendere Ferrarotti, per il quale soltanto in un'economia a regime schiavistico può esistere l'intèllettuale indipendente (in virtù del lavoro degli altri). Ma davvero Ferrarotti ignora le vicende di un modesto orologiaio ebreo, di nome Spinoza, vissuto in un ambiente ostile che fece di tutto per soffocarne la-voce, il quale lasciò un'opera che è un monumento alla libertà e alla tolleranza? o di un Campanella che passò gran parte della sua vita in carcere a causa di un ideale di eguaglianza e solidarietà umana? la stessa morte di So9
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