Giornale a più voci Il romanzo non abbandona mai, dalla prima all'ultima pagina, un eccezionale rigore di analisi: nemmeno nel Diario di Ilaria, che ne costituisce la zona mediana (sia dal punto di vista del racconto, che da quello della cronologia degli eventi), e al quale la matura professoressa innamoratasi del suo ex-alunno affida gli sfoghi di un sentimento eternamente in bilico tra l'auto~ commiserazione e l'esaltazione nevrotica; e neanche nelle pagine che, all'inizio e alla fine del romanzo, ci mostrano l'inizio e la fine - intesa come unhappy end narrativo - della «deformazione»: lo smarrimento del ragazzo circuìto da un compagno omosessuale, l'angoscia dell'uomo dinanzi alla prima, deludente esperienza erotica. Il personaggio Giacomo non sta, tuttavia, nell'abito esiguo della « deformazione» che potrebb'essere suggerita a chi per avventura ne affidasse la inte11.egibilità ai tre soli momenti che s'è detto. Giacomo è infatti troppo sensibile per non avvertire le amarezze di una sessualità che non riesce ancora ad esprimersi adeguatamente, o il fastidio di una passione sbagliata (Ilaria), ma nello stesso tempo ha troppa voglia di vivere - con gli altri, per gli altrì anche, si direbbe nonostante lo sconforto su cui si chiude il libro e malgrado le complicazioni del suo carattere - per abbandonarsi malatamente alle une o all'altro. Il suo male è semmai, come confessa, quello di « lasciarsi attirare con facilità dalle cose, e non solamente da esse», di non essere in grado di catturare una certezza di necessarietà e di durevolezza, di farsi annientare dai propri impulsi quando degenerano in ossessioni. Ma l'occasione donde nasce questa confessione è, di per sé, negatrice di una soluzione in senso masochistico o d'autoisolamento, visto che il protagonista sta cogliendo i suoi moti intimi nell'atto in cui, ingoiato il fiele del tradimento di Guglielmo - l'amico che gli ha ghermito Michela, forse il suo primo amore -, proprio con lui sta passeggiando lungo una Via Roma che è davvero, in quella pagina, la ,nain street di un grosso borgo più che l'elegante strada del centro cittadino. Ciò che gli si può preconizzare non è dunque un dolente ripiegare su se stesso: il leoncino ferito non starà a lungo a leccarsi le ferite all'orgoglio; tornerà presto fra gli altri, e non lo farà sull'onda dell'ipocrita socievolezza di chi è terrorizzato dalla solitudine, ma perché così è normale che sia di un ragazzo « normale ». Non si creda però che questa sostanziale normalità della figura del prota gonista confini con lo squallore di una personalità ignava. Se gli è estraneo l'impegno politico degli amici Severino ed Eligio - impegno di militanti -, Giacomo non è tuttavia sordo ai richiami di una partecipazione attiva, che superi il momento teoretico: solo, sta chiedendo a se stesso ancòra un po' di tempo, per persuadersi meglio della lealtà del proprio laicismo, cui sente far difetto una rassicurante maturità di fiducia. La « diversità» sua consiste, semmai, in un atteggiamento guardingo nei confronti dell'entusiasmo troppo facile dei compagni: che è poi, forse, la maturità da lui cercata, nascosta ai suoi occhi da un'ipercritica cautela. Un eroe positivo, dunque, che smentisce, oltretutto, il titolo del romanzo? Non è possibile contrassegnarlo de_cisamente con un più o con un meno. Né 81
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