Nino Novacco caratterizza la nostra economia e la nostra società, ed effettivamente determinare « nuove prospettive di sviluppo sociale»? Riconoscendo anzitutto che non è possibile applicare, in questa nostra Italia, una politica congiunturale in sé, ma solo che esistono « strumenti di politica congiunturale » che vanno usati per finalità da definirsi in un contesto effettivamente « nazionale ». Riconoscendo poi che non è possibile una politica del « doppio binario », che affronti cioè con taluni strumenti e misure i problemi cosiddetti « congiunturali », e con altri e diversi stru1nenti e misure i problemi cosiddetti « strutturali », perché le due politiche, anche se esistessero le condizioni per avviarle contemporaneamente, si ridurrebbero di fatto ad una sola, e cioè a quella corrispondente al peso degli interessi quali storicamente consolidati e definiti, relegando l'altra, come è sempre avvenuto nella storia economica del nostro Paese ed anche nelle vicende di questo dopoguerra, nel limbo delle enunciazioni verbali, prive di effettualità, o, nella migliore ( ! ) delle ipotesi, degradandola a politica di compensazione, in un'ottica quasi «sociale»; che sarebbe poi una politica volta a tacitare, con lo stanziamento, per altro verso urgente e necessario, di qualche magari cospicuo numero di miliardi, quella che taluno osa considerare la « lobby meridionalista » che comporrebbe il 40% del nostro Parlamento, ma che, se non motivata da una considerazione critica dell'intera nostra azione di governo dell'economia, potrebbe alla lunga tradursi in uno spreco di risorse, almeno da un punto di vista strettamente economico. Credo che discenda, da quanto fin qui detto, che è necessario un mutamento profondo nei 1nodi di comportamento dello Stato. Non è più possibile pensare, nelle condizioni odierne della società e dell'apparato produttivo, che lo Stato si limiti a creare condizioni astrattamente favorevoli al raggiungimento di taluni obiettivi: occorre che esso indichi, accanto agli obiettivi, anche le strade ed i modi per coglierli; che passi cioè da un atteggiamento passivo di « sportello » cui presentarsi per fruire di permessi ed agevolazioni, ad un atteggiamento dì « imprenditore » dello sviluppo. Si tratta certo di un salto qualitativo difficile, che contrasta con tutta la storia dello Stato e dell'amministrazione italiana, ma se non si compie il quale non ci potrà essere mutamento reale nella situazione del Paese. Non è questione di aumentare te· dimensioni del settore pubblico della nostra economia, né è questione di avviarsi verso una programmazione pubblica che pretenda di fissare obiettivi quantitativi di produzione al settore privato. 46
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