Cronache meridionaliste tentare di scaricare solo sugli « ,altri » - è sempre mancato un obiettivo unificante, tanto che i documenti prodotti possono considerarsi più un « sommario » di problemi che una « guida » per risolverli. D'altro canto, in una situazione di tal fatta, sono venute avviandosi sempre più numerose << politiche » settoriali, a gestire le quali le vecchie amministrazioni pubbliche erano certamente impreparate ed inadeguate, tant~ che sono state largamente sostituite dal proliferare di enti e società pubbliche e parapubbliche, certo generalmente più efficienti, ma quasi mai tra loro coordinate e mai guidate da una volontà unitaria di governo, ma facile preda, al contrario, della tentazione della battaglia per il potere, battaglia in cui si sono introdotti volta a volta ambizioni, interessi, partiti e correnti politiche, e potentati economici vecchi e nuovi. Ancora, in una situazione quale quella sopra descritta, e di fronte alla incapacità dimostrata dalla tradizionale amministrazione centralizzata, si è creduto fosse giunto il momento di sostituirvi amministrazioni in via di principio più vicine ai problemi ed agli interessi reali del Paese; ma sotto questo profilo la riforma regionale sembra già si possa dire non avere per nulla la possibilità di sciogliere il nodo delle contraddizioni evidenziate, che han.no semmai bisogno non di una loro più articolata e periferica sede di espressione, quanto di un luogo capace di unificarle e quindi di trascenderle, contenendo peraltro i rischi che il nuovo sistema presenta, di accentuare gli squilibri tra zone più o meno ricche, più o meno dinamiche, più o meno efficienti. Il non roseo quadro tracciato si completa con l'indicazione dei modi di operare degli interessi organizzati, siano essi i gruppi imprenditoriali che le forze del lavoro, i quali di fatto finiscono col gestire anch'es1 si una fetta più o meno grande del potere e della società, con modalità e forme che la debolezza del potere politico e la carenza di una strategia definita a livello governativo rende n.on solo corporativi, ma obiettivamente non riconducibili ad una logica « nazionale ». E tale già di per sé gravissima situazione diviene addirittura drammatica quando, nel generale disgregarsi che è in atto (e che pure, per altri versi, è un fenomeno di crescita e di liberazione di energie nuove e più fresche di quelle tradizionali) delle strutture organizzate di espressione della società, a cominciare dai partiti politici, tali interessi organizzati non si manifestano più con un loro volto e con un loro peso unitario, bensì con i cento volti che essi raggruppano e con Re non casuali, ma certo corporative ed inevitabilmente contraddittorie pressioni che di luogo in luogo essi manifestano, rendendo impossibile ogni programmazione ed ogni governo del sistema. 41 BibliotecaGino Bianco
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