Operazione carne di Demetrio De Stefano L'interesse dell'opinione pubblica per l'andamento del prezzo delle carni è ondulatorio: a periodi di supina sopportazione per gli aumenti più o 1neno giustificati seguono periodi di spasmodica attenzione, innescati, in genere, da un qualche comunicato delle organizzazioni degli agricoltori, degli importatori, dei commercianti, o dell'Unione Consumatori; o da risultati di un incontro a livello comunitario. Ma sono fuochi di paglia che non intaccano minimamente la vera sostanza del problema: inson1ma, le chiacchiere sono tante, ma sul piano dei fatti concreti si è fatto poco, pochissimo. Anche certe decisioni comunitarie lasciano il tempo che trovano, perché si scontrano contro la ferrea legge dell'economia di mercato per la quale, a minor quantità di prodotto, corrisponde inevitabilmente, a dispetto di qualsiasi medioevale tentativo di calmiere, un maggiore prezzo. Spesso si riaccendono le aspettative di una specie di « miracolo di San Gennaro » che porti il costo della carne dagli attuali livelli « da oreficeria » a medie più accessibili. Ma, anche se, localmente, alcuni miglioramenti a volte si verificano, non è certo con iniziative e prese di posizione isolate o velleitarie che si risolve la battaglia della bistecca. Ed è velleitaria, anzitutto, la decisione presa ai primi di novembre dal Consiglio dei ministri della CEE di ridurre dal 18 al 9 per cento l'incidenza dei dazi sulle carni bovine; per il semplice motivo che non avrà nessuna o scarsa incidenza sui prezzi al consumo. D'altra parte, come non ricordare il grande clamore che accompagnò la decisione della CEE della scorsa estate di sospendere la riscossione dei dazi doganali all'importazione dai paesi terzi del 20 per cento sulla carne e del 16 per cento sul bestiame vivo? Questo provvedimento non dette, e non poteva dare, risultati veramente incisivi perché era scontato; e così infatti accadde che i fornitori esteri avrebbero approfittato di questa liberalizzazione per aumen28
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