Nord e Sud - anno XX - n. 157 - gennaio 1973

Verso l'econo,nia del neodualis,no del totale, nel 1961 poco meno del 30%, nel 1971 erano passate al 42 % . Occorre altresì tenere presente che ormai il 95 % delle nostre esportazioni è rappresentato da prodotti dell'industria manifatturiera; e questo significa che, per una quota considerevole, la nostra produzione industriale è esposta direttamente alla concorrenza di paesi industrialmente assai più avanzati e dinamici. La pressione competitiva sulle nostre produzioni è quindi non solo molto elevata, ma quel che più conta, continuamente crescente. Il secondo aspetto che si deve ricordare è costituito dalla redistribuzione della popolazione tra agricoltura e centri urbani. Negli anni successivi al 1963, l'esodo agricolo è proseguito, nonostante la stasi della produzione industriale. In definitiva, una diminuzione dei lavoratori permanenti in agricoltura, al ritmo di 250 mila unità all'anno, quale si verificò fra il 1959 ed il 1963, non stupisce affatto, se si pensa che quelli erano gli anni in cui l'industria (non solo italiana, n1a anche europea) assorbiva manodopera a ritmi apparentemente illimitati. Una caduta di eguali proporzioni stupisce invece quando essa si verifica tra il 1967 e il 1971, perché in questi anni, men tre gli addetti permanenti all'agricoltura sono diminuì ti di circa un n1ilione, gli addetti all'industria sono aumentati soltanto di poco. Il risultato è che, mentre negli anni del miracolo l'esodo agricolo alimentava l'occupazione industriale, negli anni più recenti l'esodo agricolo ha alimentato gli addetti al settore terziario, e cioè commercio, servizi, pubblica amministrazione. Si potrebbe pensare che il rigonfiamento del settore terziario rientri nelle necessità organiche dello sviluppo industriale. Ma gli eventi del nostro paese smentiscono questa possibile interpretazione. Fra il 1959 ed il 1963, anni di intenso sviluppo industriale, gli addetti alle attività terziarie rimasero praticamente stazionari; viceversa, fra il 1967 ed il 1971, anni di stasi produttiva, gli addetti al commercio sono cresciuti di oltre 400 mila unità. Il settore terziario quindi si gonfia, ma non nella misura richiesta da una naturale funzione cornplementare rispetto alle attività manifatturiere, bensì per svolgere qualche altra funzione sua propria, che meriterebbe di essere indagata. Il terzo punto che occorre richiamare è lo sviluppo prepond_erante dell'impresa pubblica, o a part~cipazione pubblica. È ormai un fatto accettato che, nel settore delle grandi imprese, ben poco è rimasto in mani private, almeno per quanto concerne le attività manifatturier~ (diversa la situazione nel campo finanziario e assicurativo). È del pari fatto largamente accettato che le strategie dell'im21

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