Nord e Sud - anno XIX - n. 156 - dicembre 1972

La legislazione sui fondi rustici Costituzionale, che, per l'adeguamento dei canoni, aveva richiamato, ad integrazione della normativa del '62, la legge di rivalutazione del canone enfiteutico in relazione al mutato potere di acquisto della lira. Tutta la politica del settore rileva la profonda incapacità di scelte di fondo. Già nella legislazione speciale degli anni '60 si erano fatte luce soluzioni di compromesso, che vanificavano scelte politiche nei riguardi del lavoratore della terra (fittavolo, mezzadro, piccoli proprietari) a favore della « logica » del 1noderno sviluppo economico del capitale agricolo, identificata nella diffusione di grandi o medie aziende ad alto livello tecnologico, idonee all'uso di mezzi e strumenti tipici di una agricoltura moderna; aziende la cui gestione possa essere intrapresa da organizzazioni di capitale, che, evitando gli oneri connessi all'acquisto della proprietà, concentrino i mezzi finanziari nei miglioramenti fondiari e nell'attrezzatura dell'azienda. In verità gli obiettivi di ristrutturazione della politica economica in agricoltura potevano trovar coerente soluzione in una logica alternativa al capitale privato, in scelte politiche che preservassero il ruolo « sociale » della proprietà, attraverso la creazione di infrastrutture idonee a realizzare la funzione di mutualità (associazioni, cooperative) nel piccolo mondo agricolo. La recente svolta politica sembra accentuare l'equivocità delle scelte. Difatti il progetto in esame traccia obiettivi di rivalutazione della posizione del proprietario, in vista di una preconizzata riforma degli affitti agrari che « rilanci » il ruolo dell'agricoltura, stabilendo « più equi rapporti tra proprietà, impresa e lavoro » ( son parole del Ministro alla presentazione del progetto). È sintomatico analizzare come si intende organizzare tale relazione: alla posizione del proprietario tradizionale verrebbe assicurata una « equa remunerazione», garantita dalla dimensione imprenditoriale della impresa conduttrice, che permetterebbe il massimo della retribuzione alla proprietà e al lavoro, inteso quest'ultimo come prestazione d'opera. In questa prospettiva trova ragione la denuncia di chi, in occasione dei piani programmatici, aveva sottolineato come la politica di sviluppo economico escludesse la rivalutazione del lavoratore agricolo, prevedendo il ritorno alla condizione di « prestatore d'opera » del mezzadro, fittavolo, colono, costretto ad arrendersi alla « logica del moderno sviluppo economico». Ma, ed è questo l'aspetto contraddittorio del problema, anche l'indirizzo di politica economica risulta alterato. Difatti la posizione dell'imprenditore non proprietario, si lega non solo a garanzie di stabilità, ma anche di libertà di gestione e conduzione; garanzie che il progetto di legge tende a compr:-omettere~ programmando il controllo della produ93

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