Nord e Sud - anno XIX - n. 156 - dicembre 1972

Vittorio Barbati Quest'anno, la diplomazia arnericana è stata particolarmente attiva su tutto il fronte delle relazioni internazionali. Ed è stata attiva nel quadro di un unico disegno, le cui linee sono divenute via via sempre più evidenti. Questa strategia politica globale, condotta con decisione e talvolta anche con spregiudicatezza, è stata certo determinata anche da considerazioni di ordine « elettorale », in vista della scadenza del 7 novembre. Tuttavia essa è apparsa troppo ampia, troppo pianificata, troppo proiettata verso il futuro, perché si possa pensare che tali considerazioni abbiano costituito il suo principale 1notivo ispiratore. Lo scopo fondamentale di questa politica è stato quello di restituire agli Stati Uniti, in tutti i campi, una libertà di manovra maggiore di quella di cui essi avevano goduto fino all'anno scorso. In questo quadro - soprattutto dop0 gli ulti1ni accordi conclusi con Mosca - il collegamento fra le varie «mosse» è apparso sempre più chiaro: gli Stati Uniti puntano a nuovi equilibri internazionali che, senza compromettere la loro posizione « n1ondiale », possono alleggerire i loro oneri, con conseguenti effetti positivi sul dollaro e in senso più ampio su tutto l'equilibrio economico nordamericano. Nixon ed i suoi collaboratori hanno voluto evidentemente gettare le basi di una nuova politica per gli anni futuri. Ovviamente oggi non è possihile prevedere quali saranno le linee di questa politica, e quindi non è possibile prevedere se essa darà luogo ad altri « colpi a sorpresa» oppure no. Per ora, si può soltanto dire che tutti i paesi dovrebbero tenere conto delle sue possibili implicazioni. E che quindi, in primo luogo, dovrebbero tenerne conto i paesi europei, per evitare di restare ancora una volta tagliati fuori dalle grandi decisioni internazionali. Su questo sfondo - almeno a nostro avviso - vanno interpretate le mosse di molti paesi. A cominciare, naturalmente, da quelle dell'altra superpotenza mondiale, l'Unione Sovietica. Qui bisogna fare un altro discorso. Dalla morte di Stalin, nel 1953, il quadro al vertice dell'URSS ha fatto registrare vari colpi di scena. Fino a quando il dittatore georgiano fu in vita, la carriera, e talvolta anche la vita, di ogni uomo politico sovietico fu legata alla sua dispotica volontà. Dopo la sua morte, og~i carriera, da quella di Malenkov a quella di Kruscev, fino a quella della « troika » che è attualmente in cin1a alla piramide sovietica, è stata fondata su alleanze ed equilibri di potere. Sappiamo ben poco - ad onta degli sforzi e delle ipotesi dei « cremlinologi » - su tali equilibri, sulle forze che li determinano, sui compromessi che li condizio46

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