Nord e Sud - anno XIX - n. 156 - dicembre 1972

Giornale a più voci i dati disponibili sono relativi unicamente al complesso dell'intero settore industriale, non sono, cioè disaggregati per singoli rami di industrie (estrattive; manifatturiere; costruzioni; elettricità, gas ed acqua), né per singole classi (alimentari, tessili, meccaniche, ecc.). Inoltre, per quanto riguarda il livello di disaggregazione territoriale si è fermi al numero di unità locali e relativa occupazione per singole province e regioni. Tuttavia, malgrado tali limiti, si può formulare un primo giudizio su ciò che è successo in Italia, tra il 1961 ed il 1971, per quanto riguarda l'industrializzazione delle singole regioni, giudizio che potrà essere confermato o rettificato allorquando si disporrà dei risultati definitivi e completi del censimento industriale. Tra il 1961 ed il 1971 l'occupazione industriale è aumentata nel nostro paese di ben 917.703 persone, pari al 16,4%, vale a dire ad un tasso medio annuo superiore, sia pure di poco, al saggio di crescita della popolazione. Ma, così come era accaduto tra il 1951 ed il 1961, tale aumento si è distribuito in modo ulteriormente squilibrante per quanto riguarda le singole circoscrizioni geografiche e territoriali in cui, tradizionalmente, si suddivide l'intero paese. Con una grossa eccezione però: non è più il tradizionale triangolo TorinoMilano-Genova, o per meglio dire, non sono più soltanto le regioni nordoccidentali del paese a far registrare i più consistenti incrementi di occupazione industriale, ma, al contrario, sono le regioni nord-orientali e l'EmiliaRomagna che dimostrano il maggiore dinamismo. Accanto a tale grossa eccezione una deludente conferma: il Mezzogiorno, tra il 1961 ed il 1971, ha aumentato la sua occupazione nel settore secondario di appena 123 mila persone, con un incremento percentuale (14,2% ), inferiore a quello medio nazionale. Ed infatti, per quanto riguarda le regioni settentrionali, mentre la Liguria e la Valle d'Aosta vedono calare la propria occupazione industriale (rispettivamente dell'8,8%, pari ad oltre 19 mila occupati, e del 15,0%, pari a quasi 3 mila occupati), l'incremento che si registra in Piemonte ed in Lombardia, per quanto rilevante in valori assoluti (quasi 99 mila occupati in più in Piemonte ed oltre 168 mila nuovi occupati in Lombardia), risulta, in termini percentuali, inferiore alla media nazionale: rispettiva1nente 12,2% e 10,2%. Al contrario, il Veneto e l'E1nilia-Romagna hanno compiuto un notevole balzo in avanti. Il Veneto ha accresciuto, in dieci anni, la sua occupazione nel settore industriale di oltre 141 mila persone, pari al 29,8%; l'Emilia-Romana di 140 mila unità, pari al 30,6%. Inoltre, sia il Trentino-Alto Adige che il Friuli-Venezia Giulia si sono mossi sulla via dell'industrializzazione in modo sostenuto: il primo registra un incremento di occupazione nel settore secondario pari al 20,5%, il secondo un aumento pari al 24,5%, percentuali superiori, in entrambi i casi, all'incremento medio italiano. Se, dunque, è vero che i primi dati del censimento industriale del 1971 confermano il fatto, pii! volte messo in luce in questi ultimi anni, di ·una perdita di peso della tradizionale area di concentrazione industriale del nostro paese, è pur vero che tutt'ora il triangolo industriale concentra il 45,1% dell'occupazione industriale italiana, anche se, va subito aggiunto, che tale percentuale era, nel 1961, del 48,0%. 41

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