Lanfranco Orsini - Giovanni Russo fondata notizia data dal Cecchi nel Novecento della Storia letteraria di Garzanti circa un presunto soggiorno in Germania del Di Giacomo, suggerito da alcune sue novelle di ambiente tedesco in cui non aveva fatto altro che accogliere, « con eccezionale capacità mimetica ma anche con cultura e fantasia», lo spunto offerto dalle Nebbie germaniche del Verdinois; o il ridimensionamento e la « datazione» di certa interpretazione derobertisiana, così scarsamente attendibile oggi, di un Di Giacomo messo vicino a Rimbaud e a Iviallarmé per le sue Ariette e canzone nove. Si giunge così, attraverso Ferdinando Russo e con intermedia attenzione a Murolo a Galdieri a Ricci, a Raffaele Viviani. Ritorna il dialetto, con preminenza assoluta, questa volta, del teatro, a differenza di quanto non era avvenuto nei vari Bovio, Muralo, Russo e nello stesso Di Giacomo. Teatro che per Viviani ebbe il carattere della totalità, « inglobò ogni altra forma, dalla musica al canto, dalla musica, alla lirica dialettale»; e i cui valori sociali, I'« intensa energia rivoluzionaria che percorre e anima una non esigua parte del suo teatro », certo suo uso del canto come « crinale nel corso della parabola drammatica», che a Pandolfi ha fatto addirittura (a parer nostro con una certa esagerazione) parlare di Brecht, son tutti elementi che il Palermo identifica e puntualizza con viva adesione e attenzione. Ma a questo punto il discorso cronologicamente si chiude: lo proseguiranno « il teatro di Eduardo de Filippo da un lato, e ]a narrativa napoletana (di e su Napoli) di ispirazione neorealista, dall'altro ». LANFRANCO RSINI Ricordo di F)aiano La cosa più piacevole che poteva capitare a Roma era di trascorrere una serata con Ennio FJaiano, al caffè o al ristorante, quando era in forma e aveva voglia di chiacchierare. La sereta filava fra uno scoppiettio di battute e di paradossi dai quali si era letteralmente travolti. Flaiano amava la conversazione fine a se stessa in cui le parole degli interlocutori erano lo stimolo per esercitare la fantasia e proiettarla verso la satira. Lo avevo conosciuto al « Mondo », nel 1949, quando il giornale, fondato da Mario Pannur..zio, usciva solo da qualche mese. Flaiano, redattore capo, leggeva gli articoli ma soprattutto « inventava » i titoli. Lo scintillio della sua intelligenza oltre che la raffinatezza del suo gusto mi affascinavano ma anche mi intimorivano. Ero allora molto giovane e facile a intimidirmi. Flaiano era già uno scrittore di successo, aveva vinto il Premio Strega, con il suo romanzo « Tempo di uccidere » ed era un personaggio del mondo culturale, teatrale e letterario romano. Ancora non aveva iniziato la sua attività di sceneggiatore di film. In un ambiente così esigente, come quello del « Mondo», Flaiano rappresentava, almeno per me, un motivo di sicurezza. Quante volte egli mi incoraggiò, mi dette fiducia, perché, sotto la sua apparenza 38
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==