Nord e Sud - anno XIX - n. 156 - dicembre 1972

Giornale a più voci questa stessa rivista, Narrativa del Meridione e problem.atica di cultura ( « Nord e Sud», 1968, n. 166; ora in La cantina di Auerbach, ESI 1971): in realtà ci pare che le « ardite soluzioni stilistiche », almeno dal 1860 in poi, siano state per lo più assenti dalla letteratura napoletana, e che quest'assenza sia strettamente congiunta alla parallela carenza di temi, se non morali, filosofici e religiosi: insomma, alla deficienza di « problematica di cultura» (e qui sarebbe inutile precisare che si parla unicamente della narrativa, e non certo della linea De Sanctis, Labriola, Croce e di tutta la ricchezza filosofica e culturale che in loro si è espressa). In fondo la narrativa meridionale è stata quasi sempre « narrativa da stato d'assedio », secondo la nota definizione di Bo; e in questo senso ha avuto i suoi meriti altamente civili, dei quali si accorse fin dal 1877, a proposito appunto di Mastriani, l'inglese Jessie White Mario nella sua inchiesta sulla A1.iseria a Napoli. E acutamente nota Palermo, riguardo la definizione di Contini secondo cui l'Imbriani sarebbe stato una specie di « Carlo Emilio Gadda della nuova I talia », che in tal senso egli « è rimasto completamente estraneo se non altro alla consapevole poetica di coloro che più avrebbero potuto, e dovuto, fruirne». Così non ci sembra « un po' troppo severo», come qualcuno lo ha definito, il capitolo su Matilde Serao, della cui opera, accanto alla parte artisticamente valida, di cui sono ampiamente esamjnati i supporti sia letterari che sociali e ambientali, è anche sottolineata quella « di consumo », la sua adesione a tutta una fascia di borghesia pigra, evasiva a cui la scrittrice forniva libri di una letteratura, se non amena, consolatoria, e infine il suo approdare a una sorta di « involontario manifesto del qualunquismo 1neridionale » che si ritrova nelle pagine aggiunte a una nuo a edizione (del 1906) del Ventre di Napoli: manifesto che conferma « l'eccezionalità di quell'incontro fra dimensione sociale e prospettiva politica celebrato dalla trilogia ' sociaUsta' di Francesco Mastriani negli ormai remoti anni Sessanta ». Ricco di nomi e di notizie e giudizi il quarto capitolo, Gli Epigoni e gli altri. E se potrebbe parere a un certo punto, nonché da quanto siamo andati dicendo, che l'attenzione sociologica usi prevalere in Palermo, basta fermarsi qua e là, per ricondurla nei termini che essa effettivainente si pone, su affermazionj come la seguente, a proposito dell'attuale « assai ridotta leggibilità» dei romanzi di Carlo del Balzo: « È una impressionante conferma sia della vendetta che sanno prendersi le trascurate, o ignorate, ragioni formali, sia della impossibilità di sopravvivenza di un naturalismo così sprovveduto ed emotivo da richiamare la lezione di Mastriani più che non di Verga o di Zola». Non è il caso perciò di indugiare sull'analisi pià prettamente letteraria dell'arte di un Di Giacomo, di cui è individuato con notevole novità di lettura, nelle poesie e nel loro stesso ordinamento, e relative inclusioni o esclusioni lungo le varie edizioni del 1907, 1909, 1927, « un fedele quanto sorprendente rispecchiamento storico»; vogliamo invece puntualizzare la precisione informata ed informatri~e del Palermo quando corregge, ad esempio, l'in37

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