Nord e Sud - anno XIX - n. 156 - dicembre 1972

Giulio Caterina possono contare solo sul danaro preso a prestito - che, non va dimenticato, deve essere restituito con un interesse, sia pure a tasso agevolato - ma devono trovare nel risparmio aziendale, che deriva dalla riduzione dei costi di gestione, le risorse sufficienti per finanziare il proprio esercizio e sviluppo. Né si può tralasciare di osservare che le piccole imprese nella maggior parte dei casi non possono neppure fruire, per ovvie ragioni, del prestito obbligazionario, che invece tante volte costituisce la rjsorsa ultima per le grandi imprese. Al contrario, voler consentire alle aziende di credito ordinario l'ingresso nel campo del medio termine potrà servire utilmente a snellire le attuali procedure di finanziamento. Il quadro da noi presentato può sembrare pessimistico, ma in effetti non vuole esserlo ed intende solo riportare nelle giuste proporzioni vecchie argomentazioni che, con una frequenza divenuta monotona, vengono riproposte come la panacea di tutti i mali della nostra economia. I problen1i della piccola industria, come accennato, sono problemi che investono in modo particolare l'industrializzazione del Mezzogiorno. I forti investimenti pubblici, impiegati per la realizzazione di grandi impianti al Sud, se hanno avuto una funzione di rottura della stagnazione sociale ed econmnica di talune regioni, non sono riusciti a detern1inare il sorgere di una fitta rete di industrie minori che sole possono dare alla nazione quella fisionomia di paese industrializzato, degno di tale nome. È vero che lo sviluppo economico del Mezzogiorno richiede ten1pi lunghi e che, specie all'inizio della politica di ristrutturazione, sono mancate le grandi infrastrutture ed un mercato di consumo locale capace di assorbire i prodotti industriali, ma molte sono state le cause di natura extraeconomica che hanno contribuito a rallentare la politica in parola. Basterà ricordare la politicizzazione di soluzioni che dovevano essere risolte solo in termini economici; la carenza dell'intervento ordinario dello Stato che ha finito col rendere sostitutiva, invece che aggiuntiva, l'azione dell'intervento straordinario; la lentezza delle procedure amministrative; il clima di incertezza politica ed economica. Quali sono allora i provvedimenti da adottare per rilanciare la piccola industria e con essa la politica di sviluppo del Mezzogiorno e di tutto il nostro sisten1a produttivo? Vi è anzitutto l'esigenza di fissare i confini tra impresa pubblica ed impresa privata, nonché coordinarne l'azione. Il sistema della contrattazione programmata potrà dare un efficace contributo in questo senso, fornendo al Ministero del bilancio e della programmazione economica utili informazioni in ordine ai programmi di investimento delle imprese, onde creare iniziative industriali combinate intese a sfruttare le economie esterne da esse provocate. Il procedimento di contrattazione programmata, come è nat_urale, dovrà riguardare non soltanto le imprese magg1on, ma anche quelle piccole e medie. Un'altra misura che può dare vigore alla crescita dell'industria minore è certamente la fiscalizzazione degli oneri sociali. È un tipo di intervento indiretto che si collega al concetto di autofinanziamento dell'impresa, cui ab34

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