Nord e Sud - anno XIX - n. 156 - dicembre 1972

Giulio Caterina ultima causa, ha contribuito al regresso la crisi dell'edilizia che ha influenzato un numero sempre maggiore di attività produttive di ridotte dimensioni che forniscono materie prime e prodotti lavorati a questo particolare tipo cti settore. In questa situazione va considerato il documento 1nesso a punto dall'Istituto studi della programmazione economica, nel quadro del nuovo piano quinquennale 1973-77, concernente l'« azione programmatica per il sostegno delle impresi di minori dimensioni ». Assistemmo nel novembre 1971 alla pubblicazione in Gran Bretagna del rapporto elaborato dalla Commissione d'inchiesta sulle piccole aziende, nota come Commissione Bolton. Quel rapporto ebbe immediatamente una nota favorevole presso le autorità britanniche e provocò vari provvedimenti, tra l'altro, la creazione della Srnall Firms Division, cioè di una direzione generale responsabile per i problemi della piccola industria aggregata al Ministero dell'industria e commercio, alla quale si sarebbe dovuta affiancare, in un più lungo termine, tutta una rete di uffici di consulenza dislocati nelle aree industriali chiave del Paese, i cosidetti Advisory Bureaux. Ad un anno di distanza il piano approntato dall'ISPE nasce come un impegno nuovo, volendo adattare alla mutata realtà economica e sociale il «vecchio» piano quinquennale inizialmente previsto per il 1971-75. Le direttrici principali dell'azione proposta sono essenzialmente tre: favorire le concentrazioni settoriali e territoriali nonché le iniziative consortili, provvedere all'assistenza tecnica delle aziende, sostenere e razionalizzare i canali di finanziamento e di credito. Come si può osservare, alcuni dei rimedi indicati nell'azione programmatica non sono nuovi, li ritroviamo, per quanto riguarda il Mezzogiorno, già nelle leggi 29 luglio 1957, n. 634 e 30 luglio 1959, n._ 623 e, addirittura, nel decreto legislativo 14 dicembre 1947, n. 1598 che riguardava le disposizioni per l'industrializzazione dell'Italia meridionale ed insulare. È un fatto questo che non capita a caso, infatti è noto che i problemi che investono le piccole industrie sono problemi che agevolmente si collegano con quelli dello sviluppo industriale del Mezzogiorno, dove la loro crisi è più grave e dove accanto agli impianti di grandi din1ensioni, raffigurati con le immagini, ormai abusate, di cattedrali nel deserto o di piramidi sulle sabbie mobili - che, peraltro, in taluni casi, hanno sortito non pochi effetti positivi e potranno avere una spiccata funzione promozionale - si dovranno affiancare, in tempi il più possibile brevi, iniziative di medie e piccole dimensioni, creando le condizioni atte a rilanciarne lo sviluppo. Né, d'altra parte, si può oggi parlare dell'industria minore senza rapportarla alla struttura industriale del Paese nel suo insieme, nella parte sia pubblica che privata ed indipendentemente dalle distinzioni di dimensione. Ma per trattare più da vicino gli argomenti che fanno parte del piano elaborato dall'ISPE bisogna fare talune osservazioni in merito alle tre direttrici principali d'azione di cui si è riferito. Si vogliono dunque favorire, sia pure con qualche temperamento, le con32

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