Nord e Sud - anno XIX - n. 156 - dicembre 1972

Francesco Compagna presentato nessuna interrogazione, augurandomi che la chiusura dello stabilimento di Napoli e la conseguente n1ortalità dei posti di lavoro in loco assicurasse quanto meno la stabilità dei posti di lavoro negli altri stabilimenti campani delle Manifatture cotoniere meridionali e magari un risparmio tale da poter consentire la natalità di altri posti di lavoro. È comunque doveroso riflettere su errori di c01nportamento da chiunque commessi che hanno portato ad una situazione nella quale - ripeto parole del ministro, tolte da una sua recente intervista - le aziende non fanno a1nmortamenti e chiudono gli esercizi in disavanzo e ad una situazione nella quale si moltiplicano le richieste di interventi delle aziende a partecipazione statale per salvataggi e industrie sostitutive: per tenere in piedi aziende che già perdono oggi e per crearne altre che perderanno domani. I dati sono quelli forniti dal presidente Petrilli nel giugno scorso e che non valgono soltanto per l'IRI. Sono dati che, come si ricorderà, si riferiscono ad una doppia contraddizione: contraddizione tra la spinta verso l'alto dei costi unitari, soprattutto del lavoro, ed il ristagno, a volte la caduta, della produttività; e contraddizione fra un'eccezionale impegno di investin1enti ed una situazione congiunturale sempre più difficile. Diciamo allora chiaramente che, se queste contraddizioni dovessero esasperarsi più di quanto già non lo siano, prirna o poi (e magari più prima che poi) ne pagheremn10 le conseguenze sia per quanto riguarda l'occupazione attuale che per quanto riguarda gli investimenti programmati. E se queste contraddizioni non dovessero comporsi al più presto si vanificherebbero nell'astrattezza t~tti i nostri discorsi sulle funzioni strategiche da assegnare alle partecipazioni statali e non potremmo più contare sulle aziende a partecipazione statale né per lo sviluppo del Mezzogiorno, né per i settori nuovi e trainanti cui deve estendersi il ventaglio delle nostre attività industriali, né per le infrastrutture economiche che si vogliono ammodernare, né per i servizi civili che si vogliono adeguare alle esigenze di una società per la quale sono diventati tanto insufficienti. Ma, ciò detto, an1mettiamo che dalla doppia contraddizione si possa uscire e che quindi non si debba più temere né per l'attuale livello di occupazione nel complesso delle aziende a partecipazione statale, né per gli investimenti che sono stati progran1mati e che dovrebbero portare ad un più alto livello di occupazione. Si pone allora il problema sollevato recentemente da un documento dell'IRI: il problema delle scelte di Governo, della coerenza di queste scelte con gli obiettivi settoriali e territoriali che qualificano la strategia degli investimenti programmati dalle aziende a partecipazione statale, una volta che tali obiettivi siano 24

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