Luci ed ombre della « rif ornza per la casa » Stretti nelle pastoie di defatiganti procedure, spesso colpiti da « elefantiasi » - malattia questa invero comune a molti altri enti pubblici nel nostro Paese - con mezzi finanziari assolutamente inadeguati rispetto ai fini che avrebbero dovuto perseguire e che inoltre restavano talvolta non utilizzati per anni, tali enti non potevano dare per l'avvenire alcun serio affidamento per lo svolgimento di una politica dell'abitazione che fosse veramente tale e che corrispondesse alle necessità emergenti nel Paese. Nello stesso tempo la mancata emanazione di una nuova legge urbanistica che valesse, tra l'altro, ad introdurre una diversa metodologia della pianificazione urbanistica e territoriale e ad assumere chiare scelte poli ti che circa il regime dei suoli urbani faceva sì che una cospicua aliquota della spesa pubblica nel settore dell'edilizia econon1ica e popolare dovesse essere destinata all'acquisizione della disponibilità delle aree necessarie, certamente a vantaggio dei rispettivi proprietari ma non delle comunità che ben altri effetti si attendevano dall'intervento pubblico. La legge 18 aprile 1962, n. 167, aveva, d'altra parté, mostrato i suoi limiti intrinseci: ben poco o nessun significato aveva la formazione di demani comunali di aree edificabili quando i Comuni non avevano i mezzi finanziari necessari per la urbanizzazione delle aree espropriate. Le lunghe e defatiganti procedure per la espropriazione dei suoli co1npresi nei piani di zona, la mancata cooperazione tra Comuni ed enti per l'edilizia economica e popolare, i ritardi nella for1nazione ed approvazione dei piani stessi costituivano poi ulteriori remore alla sollecita realizzazione di alloggi economici e popolari, che doveva avvenire neces~ariamente nell'ambito dei piani suddetti. Collegare i problemi dell'abitazione a quelU della utilizzazione del territorio in modo da non ripetere l'esperienza degli anni '50, che aveva visto la costruzione di alloggj economici e popolari in zone prive di servizi, questi sì « cattedrali nel deserto », e pagando nel contempo pesanti pedaggi alla rendita fondaria: tale fu il fine, indubbiamente positivo, che con la legge n. 167 ci si prefiggeva. Essa, però, costituì più la affermazione di un principio che un valido strumento operativo, nella sclerotizzata situazione che si era determinata nel settore dell'edilizia pubblica. Tutti questi problemi ed altri ancora di più limitata importanza esigevano una soluzione che non poteva essere più rinviata data anche la loro incidenza sullo stesso sviluppo economico del Paese. 13
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