Nord e Sud - anno XIX - n. 156 - dicembre 1972

Mario Canino mio saggio, più sopra citato, richiamavo l'attenzione sulla Direttive del CIPE che « considerata la particolare finalità della legge 623... ritiene che la stessa può agire ad integrazione della legge 717 ed eventualmente in sostituzione di essa». (Le integrazioni previste da questa direttiva consentivano in pratica di elevare al 70 per cento per quasi tutte le iniziative la quota finanziabile). E così commentavo: « Il tutto si risolve a detrimento dello spirito del legislatore che, con la legge 717, aveva cercato di imprimere un indirizzo più moderno all'intervento dello Stato in materia di incentivazione degli investimenti produttivi da parte delle medie e piccole imprese ». Con tali precedenti il 6 ottobre 1972 si poteva venire a conoscenza, con il ritardo che ormai costituisce la nota determinante della « svirilizzazione » della Legge di riforma del l'vlezzogiorno, di una nuova Direttiva del CIPE del 25 luglio 1972 che sembra opportuno richiamare letteralmente nei suoi punti essenziali: « al finanziamento agevolato dal contributo 11 Cassa" » ( Legge 6 ottobre 1971 n. 853) nelle tre misure suindicate può essere aggiunta una quota di finanziamento agevolato dal contributo « 623 » ( Legge 30 luglio 1959 n. 623, prorogata con modifiche dalla legge 15 febbraio 1967, n. 38) fino al 20% dell'investimento globale per iniziative con investi,nenti fissi fino a 100 milioni e fino al 15% negli altri casi. Il complesso delle agevolazioni (finanziamento a tasso agevolato + contributo in conto capitale) concedibili in base alle Leggi n. 853 e n. 623 non può comunque superare il 90% dell'ammontare dell'investimento globale, se trattasi di iniziative con investimenti fissi non superiori a 100 milioni, e 1'85% dell'ammontare dell'investimento globale, se trattati di iniziative con investimenti fissi superiori a 100 milioni, salvo che ricorrano gli estremi per l'applicazione del 3° e/o 11° comma dell'art. 10 della Legge n. 853, nel qual caso i limiti anzidetti sono elevati di 1O punti percentuali ». È ovvio che, qualora venisse concessa una qualsiasi quota aggiuntiva di finanzianiento, salterebbe da un lato il limite del 30% di fondi propri stabilito nell'art. 10 comma 17 e, dall'altro, si _perpetuerebbe nuovamente la spinta all'eccessivo indebitamento delle imprese, indebitamento che, è bene sottolineare, 1nentre facilita la realizzazione di nuove iniziative, pregiudica notevolmente la possibilità che le stesse abbiano condizioni gestionali ottimali, con la prospettiva di dover pensare sin d'ora a nuovi futuri dispendiosi « salvataggi ». Ma, oltre alle preoccupazioni suaccennate, ve ne è un'altra di carattere etico-politico non meno grave e che, anzi, sovrasta ogni altra. Il legislatore con la legge n. 853, fissando tempi di operatività molto più brevi per favorire in modo concreto le imprese (vedasi in proposito l'art. 10 comma 17 che prevede il pagamento del contributo in conto capitale a stati di avanzamento dei lavori e comunque entro 3 mesi dall'ultimazione delle opere), aveva posto anche dei limiti alla discrezionalità degli istituti di credito nella concessione dei finanziamenti, per cui automaticamente, risultava più difficile alle clientele politiche esercitare la loro innegabile pressione. Ora, invece, con quest'ultinia direttiva queste clientele, a cui la legge n. 853 aveva 126

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