Quale sviluppo? mini di reddito sia in termini di occupazione; ma essenzialmente perché sulla petrolchimica si punta non poco per il decollo industriale del Sud (e per rendersene conto basta dare una lettura ai piani per la chimica primaria e secondaria, al Progetto 80, al documento preliminare per il prossimo piano economico). Ma che cosa potrebbe accadere se, dopo aver investito centinaia di miliardi nell'approntamento di infrastrutture (porti petroliferi, oleodotti, ecc.) e nell'installazione di nuovi impianti, o nell'ampliamento di quelli esistenti, poi, tutto fosse costretto a fermars.i per la mancanza della materia prima, il petrolio, che è alla base di queste lavorazioni? Forse poco o niente in termini cinicamente aziendalistici perché un investimento fatto oggi per gli impianti si ammortizza prima che il petrolio finisca; ma molto, moltissimo, in termini di disoccupazione e di infrastrutture inutilizzabili. E tutto questo senza considerare che, se le riserve petrolifere mondiali si esauriranno fra trenta anni, l'Italia, che è quasi comple_tamente tributaria dall'estero per gli approvvigionamenti di petrolio, vedrà finire molto prima la possibilità di avvalersi di questa risorsa che diventerà sempre più preziosa col passare degli anni (si pensi che gli Sta ti Uni ti che posseggono grosse riserve di petrolio non solo ne importano per non intaccare tali riserve, ma addirittura «immagazzinano» una parte delle importazioni pompandole nei pozzi esauriti). È un esempio, il più significativo, che merita un approfondimento molto più serio del nostro per le notevoli implicazioni che può presentare se il fenomeno si manifesta veramente nei termini che abbiamo descritto e che sta là come una spada di Damocle sullo sviluppo del Mezzogiorno. Se il petrolio « finisce », non è solo l'industria petrolchimica ad esserne toccata, n1a anche l'industria energetica (le centrali termoelettriche) e l'industria automobilistica tanto per citare gli esempi maggiori. Ora sia per l'uno che per l'altro settore le soluzioni sono tecnicamente possibili e in fase di « approntamento » (si pensi alle centrali elettronucleari e alle automobili elettriche). Là dove il discorso si fa partjcolarmente delicato è per tutte quelle industrie che solo dal petrolio possono essere alimentate. Occorre, dunque, fare delle scelte perché, se è vero che fra una trentina d'anni non potremo più disporre di petrolio, è anche vero che, « dosando » e pianificando i consumi, le riserve possono durare molto, ma molto di più. Ciò vuol dire che l'energia elettrica dovrà essere in percentuale 9
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