Lettere al Direttore Ma, pur con i suoi limiti e con la sua macchinosità, una cosa era rimasta del primitivo sforzo del legislatore: la necessità che fosse certa la validità tecnica economica delle iniziative da finanziare, rappresentata dal fatto che la concessione dei contributi previsti era « subordinata alla dimostrata disponibilità, da parte delle imprese, di un ammontare di capitale proprio non inferiore al 30 per cento dell'investimento fisso ». Si voleva, in altri termini, stabilire un limite alle operazioni più o meno « piratesche » che in passato avevano portato all'elargizione di mutui e contributi ad iniziative che poi, per la carenza dei capitali di esercizio, avevano dimostrato, con il fallimento, la loro inadeguatezza ad affrontare il mercato. Ma l'articolazione della legge stabiliva anche un altro limite, altrettanto importante, che successivamente veniva ribadito con estrema chiarezza dalle Direttive del CIPE: la legge fissava i limiti di finanziabilità delle iniziative in termini molto più ristretti che nel passato, elevando contemporaneamente la quota del contributo in conto capitale (o come comunemente viene definito a fondo perduto, perché l'impresa lo riceve a titolo definitivo, senza doverlo restituire). Questa impostazione era stata decisa per un duplice ordine di motivi: 1) contenimento delle garanzie che normalmente le banche richiedevano per la copertura dei rischi dell'operazione e che, specie quando il potere contrattuale del mutuario è poco rilevante, si rivelano spesso esose; 2) riduzione del peso dell'ammortamento del mutuo industriale sul costo della gestione: molto spesso capitava di leggere sui giornali, tra le richieste degli industriali, quella della sospensione dal pagamento delle rate di mutuo perché troppo onerose, non per l'elevatezza del tasso di interesse, che come è noto, era anzi molto contenuto (3% generalmente), ma perché la quota capitale ottenuta era sovradimensionata alle possibilità di rimborso dell'azienda (venivano infatti concessi mutui dell'ordine del 50-60 ed anche 70% dell'importo delle opere realizzate). La Legge n. 853, fissando il limite finanziabile nel 35% per le medie e piccole iniziative e nel 50% per le iniziative più grandi, aveva inteso contenere il finanziamento in un limite che si presume rappresenti il valore concreto dello stabilùnento, in caso di insuccesso della iniziativa, e che è poi quello cui gli istituti creditizi si rifanno per la valutazione delle garanzie offerte. Ed è proprio per tale impostazione che le Direttive del CIPE per l'applicazione della Legge n. 853 hanno previsto che « per quanto concerne il finanziamento a tasso agevolato, gli istituti di credito, sempre subordinatamente alle valutazioni tecniche-finanziarie di loro competenza, dovranno, in particolare, acquisire garanzie nell'ambito dei soli cespiti aziendali». Operando in tal modo resterebbero integre le altre possibilità di credito dell'impresa, costituite dai beni extra aziendali e soprattutto dalla fidejussione personale dei promotori dell'iniziativa, che normalmente :;ano sufficienti per ottenere i crediti a breve dai fornitori e dalle' banche. Questo era un aspetto già dibattuto e che si credeva acquisito, se non ci fossero stati dei precede_nti estremamente pregiudizievoli in proposito. Nel 125
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