Nord e Sud - anno XIX - n. 156 - dicembre 1972

LETTERE AL DIRETTORE La politica territoriale degli incentivi Caro Direttore, ho letto con vivo interesse l'articolo di Fabio Narcisi apparso sul nun1ero di novembre di Nord e Sud; proprio l'interesse di chi vive quotidìanam.ente i problemi del Mezzogiorno, sperando che « le sopite risorse di autonomo sviluppo » abbiano ancora, e malgrado tutto, la possibilità di n1anifestarsi. Del resto, se tale speranza non ci fosse sempre stata, non sarebbe stato possibile condurre per tanti anni una dura battaglia che giustawzente l'« Espresso», nel com1nemorare il 200° numero della rivista da Lei voluta e diretta, ha definito storica. Non mi ha stupito, quindi, che nella Sua rivista apparisse una lucida disamina di un fondamentale aspetto della politica meridionalistica, come quello della strategia territoriale degli incentivi. Ciò - a mio avviso - apre una possibilità di dibattito su un tema che i più ritengono (a torto) orn1ai analizzato in tutte le sue implicazioni e che, invece, è ben lungi dall'essere risolto. Infatti, l'urgenza della questione 1neridionale non è che sussista soltanto perché si attende che la legge di riforma possa, nel tempo, dispiegare i suoi effetti; sussiste, invece, anche e soprattutto perché lo strun1ento legi~ slativo approvato viene quotidianamente violentato nella sua pratica applicazione. Ma, il ritardo nell'emanazione delle direttive del CIPE e dei decreti di applicazione della legge e la loro contraddittorietà fonnale e sostanziale, così bene evidenziati dal Narcisi, non sono tutto. Nel convegno di Bari del sette1nbre 1969, Lei ed il Prof. Saraceno fecero rilevare come la politica fino ad allora seguita, e che si era materializzata nella sua ultùna veste nella legge 26 giugno 1965 n. 717, concedendo un indifferenziato stimolo· ai vari Nuclei ed Aree di industrializzazione, aveva determinato la congestione di talune aree (Napoli, Latina, ecc.) a sfavore di altre più periferiche e soprattutto meno dotate, per lo scarso sviluppo economico di contigue aree di mercato che potessero, da un lato, rappresentare un naturale, seppur parziale, sbocco alle produzioni e, dall'altro, offrire una molteplicità di servizi sussidiari e collaterali, possibili solo nei grandi agglomerati urbani. Nello stesso dibattito emerse chiaramente anche che la politica fino ad allora usata ben poco era servita per stimolare le iniziative di medie e picco_le dimensioni, essendosi dimostrato - dati alla mano - che la fetta più considerevole delle risorse messe a disposizione dello sviluppo industriale del Mezzogiorno, era stata fatta propria da grosse iniziative pubbliche e private, per cui si riparlò: delle « cattedrali nel deserto », 'di « osso » e « polpa » del Mezzogiorno e soprattutto della necessità di rivedere i criteri che fino ad allora avevano presieduto alla. politica di industrializzazione delle aree depresse. 123

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