Nord e Sud - anno XIX - n. 155 - novembre 1972

Mario Centorrino zionale » (CENSIS '71), teoria, questa, che riduce tutto il problema ad un semplice trasferimento de11a manodopera intellettuale da un settore ad un altro senza alcun riguardo in ogni caso - come del resto anche nelle altre soluzioni - a possibili mutamenti nella natura e sostanza stessa del lavoro. Non ci si accorge, in breve, del carattere di sen1plice rinvio delle soluzioni proposte che non intaccano in alcun modo la contraddizione sviluppo-istruzione-occupazione; contraddizione tanto più grave nel Sud se si pensa che essa sorge non sotto forma d'insufficienza, ma come conseguenza di un fenomeno tradizionalmente considerato di sviluppo: l'elevamento del tasso di scolarità e dell'afflusso giovanile agli studi superiori. Un altro paragrafo delle proposte di Frey ci offre lo spunto per commentare alcuni suggerimenti, a livello formativo, formulati di recente dagli esperti del CENSIS. Frey parla infatti di « impellenti necessità di interventi in ca1npo formativo che investano 1a qualificazione dello studente universitario e del laureato, in un quadro più ampio di revisione delle iniziative di formazione tecnico-professionale ». Ed appunto da una recente nota del CENSIS emerge il progetto dì un'articolazione e modulazione delle occasioni e dei livelli formativi notevolmente più ricca di quella oggi prevista dalla scuola. L'ipotesi è che « almeno una parte delle difficoltà occupazionali siano legate al divario tra i profili formativi delle istituzioni scolastiche e le occasioni potenziali di lavoro ». In sostanza, si propone l'istituzione di una serie di gradini intermedi tra diploma e laurea ( « l'attività formativa post-secondaria sostenuta dall'iniziativa pubblica non farà esclusivo riferimento all'Università ferma restando l'esigenza di sviluppare, innovare ed articolare i tipi ed i livelli della formazione svolta nell'ambito universitario con particolare riferimento all'insegnamento superiore corto di tipo professionale o tecnico»), e la fusione, dall'altra parte, delle due fasce di lavoratori, con licenza media inferiore e con diploma: « il contenuto e la funzione della formazione dei giovani dovranno sempre più essere rivolti a realizzare un diverso sistema di stratificazione socio-professionale e di organizzazione del lavoro, come conseguenza delle inevitabili modificazioni prodotte dell'espansione dei diplomi medi-superiori rispetto al tradizionale fabbisogno. Per tale ragione tutti i giovani dovranno attuare una formazione ed una pratica che renda ad essi familiare anche il lavoro manuale esecutivo e ripetitivo; contemporaneamente tutti dovranno formarsi in modo da essere in grado di partecipare attivamente e con pari dignità e peso alla vita sociale ed economica, indipendentemente dalla mansione lavorativa svolta». È interessante notare, a questo punto, come la polemica e la tematica contro la disoccupazione dei laureati possa essere fatta propria per perseguire finalità opposte (con conseguenze drammatiche per il Sud in cui ancora vigono tradizionali aspettative legate all'identificazione del titolo di studio superiore (diploma, laurea) con la posizione professionale): i giovani diplomati devono conoscere anche un momento di tirocinio manuale (e qui si chiarisce bene: esecutivo, ripetitivo) oltre che la necessità di « partecipare attivamente e con pari dignità e peso » etc. Cioè si illustra un superamento 46

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