Giornale a più vocz a 148.000 unità nell'ipotesi più favorevole, ormai però difficilmente realizzabile. Ora, tenendo conto che la quota di tutti i laureati tra gli occupati nell'industria è pari allo 0,8% come è possibile che almeno 4.500/8.600 laureati in ingegneria-architettura trovino occupazione nell'industria meridionale? A queste sue rilevazioni e previsioni Frey fa seguire come proposta operativa il suggerimento di una politica di incentivazione delle piccole e medie imprese « attenta sia da un punto di vista settoriale sia da un punto cli vista degli schemi produttivi ed organizzativi adottati dalle unita produttive, ad evitare di ripercorrere le strade passate della piccola impresa a struttura debole e con occupazione precaria, incapace di suscitare all'interno spinte innovative su un piano produttivo e di organizzazione del lavoro. E ciò tenendo conto che occorre, per quanto possibile, evitare che l'espansione della domanda specifica di laureati si realizzi in concorrenza ai diplomati per quanto riguarda i posti di lavoro che quest'ultimi sono in grado d'occupare, e che non è possibile pensare ad un'espansione ulteriore del settar scolastico se non nel « quadro di linee di riforma della scuola media che impongono un'estrema attenzione sulle caratteristiche qualitative degli insegnanti e di tutti coloro che devono assumere funzioni innovative della situazione esistente». A ben vedere, questo « taglio » di soluzione rende ancora più drammatico il quadro. Pur di sfuggire alla contraddizione tra l'attuale affermazione dell'ispirazione universalistica della scuola e la subordinazione coattiva del sistema al mercato del lavoro si torna - in mancanza d'altro - ad enfatizzare processi di evoluzione tecnologica ed organizzativa che, sulla scorta delle esperienze passate, poco o nulla contribuiscono alla soluzione del problema. Pur di porre in qualche modo un freno alla dilatazione « patologica » del settore terziario nel Mezzogiorno, si ritorna, anche se in forma « camuffata» alla concezione della piccola e media in1presa come fattore principale di sviluppo, pur dando atto del sostanziale fallimento della politica d'incentivazione delle piccole imprese finora perseguita. Nella soluzione proposta manca poi l'indicazione fondamentale che sola avrebbe potuto qualificarla: come in concreto evitare che la piccola impresa ripercorra le strade ben note della struttura debole e dell'occupazione precaria. In ogni caso, ci si consenta, la chiave di volta che sorregge questa come altre soluzioni è costituita da un'interpretazione meccanica e « neutrale » del rapporto tra sviluppo economico e fabbisogno d'istruzione. Nel dibattito, agli sfasamenti di questo rapporto si propone cli rimediare da un lato con la proposta di adeguare opportunaniente il fabbisogno: « adeguare la qualità ed il tipo di formazione alle nuove esigenze e possibilità d'impiego di personale. qualificato anche in settori nuovi» (CENSIS- '71); e di influire sul livello dello sviluppo: « sviluppare i settori labour-intensive ed a alto coefficiente di impiego di laureati» (ISRTL '67) ovvero, simmetrican1ente, la soluzione Frey; dall'altro. accettando una sorta di teoria della compensazione: « Bisogna ricorrere agli incentivi, tra cui quell_o del diritto allo studio, per incanalare, senza imposizioni, i giovani versi gli istituti che hanno uno sbocco occupa45
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